Giancarlo Ciccozzi / Note critiche

12 Maggio 2020 Redazione A&S 1931

NELLA FOTO: CICCOZZI CRITICA.

TESTO CRITICO #1
(a cura di Maurizio Vitiello)

Fibrillazioni materiche
Non siamo qui ad elencare i premi, i riscontri consistenti e i verdetti positivi ottenuti da Giancarlo Ciccozzi alle partecipazioni a rassegne, biennali, concorsi. A Pescara, a Salerno e in altre città ha raccolto riconoscimenti importanti. È stato, recentemente, a Tirana e a Praga, a conferma del livello raggiunto. Le sue opere sono state integrate in importanti fondazioni, collezioni private nazionali e internazionali; tutto è registrato nella rituale e ampia scheda biografica.
Giancarlo Ciccozzi, da anni, saggia nei suoi interventi la voglia di esprimersi, di “esserci”, di discutere e di portare avanti battiti e aliti. È chiaro che la prospettiva del domani è nell’attualità dell’arte; difatti, procede, in un quotidiano gioco sottile di rimbalzi ad avanzare continuità perlustrative in una continua e viscerale temperie. Orizzonti, profili, panorami si interconnettono nell’orientata guida di caratterizzare ancor di più la sua cifra stilistica. Il suo cammino è sempre più accattivante, va verso l’impegno sincero; le sue impostazioni colgono, avvertono e percepiscono scarti finitimi di codici e più consistenti e brillanti scambi di confine.
L’artista con la sua pittura riesce a incardinare interessi innovativi, chiari e netti. Con questi ultimi lavori suddivide sottigliezze coinvolgenti con cromatismi vigorosi. Intriganti penetrazioni e incursioni raggiungono lo spazio ed, emotivamente, lo invadono. Costanti seduzioni viaggiano in dinamiche estreme e codificano redazioni con amalgami, convincentemente, icastici e in misura tattile, quasi di, indispensabile, senso corporeo. Le scene, nella discrezionalità rigorosa degli impianti astratti, sfuggono alle iconografie e interpretano sentimenti densi di sfida. Non ricorre a sviluppi multimediali, ma a gettiti emotivi personali e a gesti nuovi, e, nel contempo, cerca di assegnare sostanza agli intervalli riflessivi d’ordine operativo e coglie, nelle sue combinate e interessanti plastico-pitture, certezze acute e una rete di varchi e di aperture.
I suoi intendimenti indugiano sui clamori di piaceri diretti e mantiene un composto contatto con i sentieri del limite e dell’estremo, che non ravvede, però, come preclusivi. Forti sentimenti di riappropriazione estetica lo spingono a colmare la tela bianca e a non vederla più liscia, ma sempre più materica, e, allora, legge i sussulti quotidiani, mai sereni, in una controllata, profonda ed estesa presa di coscienza, pienamente corroborata anche dalla disamina di ciò che è stato sedimentato, e che regge, accuratamente, per raggiungere l’esprit du monde.
Il focus della sua azione pittorica cala il suo interesse con interpretazioni determinate sulla comédie humaine. Esplicita, estroflette e condensa un particolare codice linguistico di caratura informale e in un intenso carico di immagini, vivaci e vitali, in cui segmenti e cromie potenziano e consolidano visioni e osservazioni rilevanti e costanti, risolve un piano comunicativo con argomentazioni avvedute. Le sue opere ottengono con l’affondo nella materia conferme di squarci di luci e di verità, spaccati filigranati, riassunti laceranti, increspature guizzanti. L’artista configura, con sintomatica abilità, spessori sulla tela per nutrire cromatismi decisi, perché palpitino compensi di umori e s’inseguano ambienti recettivi e sfere di sentimenti.
Insomma, si staccano, da impianti informali, fibrillazioni materiche di processi creativi, che aggettivano trasposizioni che trasmettono la volontà dell’artista di significare con tratti rinforzati ed esperti, agganciati a preposti vettori, determinati da gesti precisi, ulteriori e variegate materie in un calibrato ventaglio di motivi e di strutture visive. Una scala polarizzata di sequenze di colori, regolata da plurimi reticoli di sezioni, che vibrano tra torsioni, ineluttabilmente, dinamiche, ci riassume l’uomo, che riattraversa i miti per by-passare e superare la storia, ma, in una conclusiva e risolutiva fuga in avanti.
L’iter pittorico, sostanziato da suggestioni, è ritmato da tracciati raccolti e assemblati da esercizi, cadenzati da spessori, da tocchi e da determinazioni strutturali, nonché da modulazioni franche e autentiche. Redazioni pittoriche, incardinate su tratti spezzati e arate da solchi di un simbolismo astratto, racchiudono il senso di un equilibrio, che accoglie la parabola informale. Sequenze e inquadrature, raccolte da uno specchio intimo, risultano tangenti a una chiave vicina all’estro più lanciato e si percepiscono significazioni ad alta incidenza astratta.
Le nuove frontiere di un percorso materialmente astratto plasmano e profilano sviluppi di programmi compositivi rapidi e agili. Possiamo segnalare che la produzione artistica dell’artista deriva da rilievi di seduzioni estetiche e da articolati recuperi; da seduzioni perché ha sempre rincorso e sostanziato cammini della sua ricerca tentando di indagare su vari, complessi e specificati tagli estetici e da recuperi perché per lui nessun “materiale di risulta” può considerarsi tale, dato che potrebbe avere ancora in sé un lancio di sfida all’estetica.
Corrispondenze astratte, in una complessa rete di consonanze, declinano variegate sequenze immaginative di riscontri intuitivi e ciò rientra nel suo carattere captativo, aperto, determinato, sagace e capace. Le tacite frenesie di segmentare e approfondire per rilevare reali posizioni di approfondimento combinano un ductus, in cui vengono disseminati ardenti sommovimenti, utili frazioni di ricerca e un’indiscutibile vertigine di riferimenti.
Con le ultimissime produzioni tende a viaggiare oltre i limiti e i confini di una percezione comune dell’arte e, quindi, intercetta sintomi del nuovo, ma segue in una sorta memoriale di rimandi gli immensi Burri e Fontana, il Capogrossi sintetico della seconda maniera, il Vedova pienamente gestuale-materico e le soluzioni artistiche informali, sviluppate, soprattutto, sul versante materico, dei lavori di Renato Barisani, della fine anni Cinquanta e inizi Sessanta del secolo scorso, in cui frequente era l’uso di materie naturali legati al territorio, tra cui sabbia, lapilli, conchiglie.
Giancarlo Ciccozzi è allineato a offrire una risemantizzazione telescopica astratto-geometrica e le sue differenziate esperienze lo portano a sostanziare rapide sintesi e, così, appronta e contestualizza, con mano veloce e tranquilla, apparati e risultati in soluzioni grafico-materico-pittoriche, che stringe su dense formulazioni, allertate a cogliere minacciose inquietudini.
Ha sempre navigato, informato e consapevole, per approdare a una “cifra” di lettura, che veda l’uomo e i suoi aneliti essenziali espressi in ravvicinati accordi per manifestare mille risvolti. Comunque, nel voler rintracciare un divenire senza tempo determina congrue e aggettivate elaborazioni di pronuncia astratta in cui stempera singolari associazioni in stesure materico-informali.
Non accetta più la tela liscia e situa scabrosità ricercate, robuste matericità indotte, oltre a dati aggregati, su bivalenze e su comparazioni, per far muovere formulazioni pittoriche, tutte tese a sottolineare stime binarie, ricerche del doppio, strategie per multiversioni. Tra adeguate riappropriazioni, adatti riutilizzi e nuovi assemblaggi di materiali, anche di risulta, ricombina ciò che è stato attivo, in azione, con elementi segnico-cromatici di sicura, attraente, lusinga estetica.
Con profondità acuta fa emergere tangibili “pezzi”, che vengono riproposti con abilità per ridisegnare possibili rinascite; quindi, riscatta da condizioni obsolete oggetti e altri elementi per farli passare a condizioni di vitalità visuale. Una suggerita creatività cosciente si lega a un potere immaginativo, che conduce altre verifiche e rinfranca altre segnalazioni, sino a riabilitare e a ripristinare il già consumato per estendere una vita di fluttuanti segni, nonché balzano addizionate campiture per agganciarsi a un fil rouge indirizzato a legarsi alla sottile cognizione dello stupor mundi.
Da un mare magnum di coniugazioni, che ridefiniscono un focus per comprendere lo status dell’arte contemporanea, oggi più che mai melting pot culturale, c’è esigenza di sollevarsi dall’anestesia etica collettiva per significare eminenti intendimenti.
Giancarlo Ciccozzi definisce una declinazione operativa certa e misura il suo tempo con uno screening oculato, attento su tutto ciò che trova e che può riabilitare per riuscire, poi, a dare senno a equilibri sensibili e a tecniche miste di peso e, icasticamente, indicative. Si notano che lievitano le dimensioni poetiche dell’artista impegnato a sorvegliare preziosi sogni fantasmatici, attraverso incredibili reliquati memoriali, e le opere devono essere lette con attenzione massima, perché crediamo che nelle elaborazioni esposte s’innalzi il cuore dell’arte, che rivolge a sé la ragione della ricerca.
Segni incisi, dispositivi riabilitati e oggettive incidenze astratte convergono in un sistema coordinato di tagli e pressioni, dimensioni e apparati. Nello spazio dei contrappesi visivi, degli accordi cromatici e delle sintesi astratto-informali arriva a capaci risoluzioni. Nella sistemazione delle opere dell’artista s’avverte una mappatura metaforica e una geografia di combinazioni, puro traslato di immaginazioni e, nel contempo, di assensi strutturali reali.
Emerge l’accento sulla predominanza di una voluta disposizione informale di base, combinata ad accogliere un sostrato di matericità, nell’approccio con la tela e con altri supporti; in fondo, l’operatività di Giancarlo Ciccozzi privilegia, soprattutto, i propri contenuti sull’evidenza e consistenza della materia usata. S’espandono sulle trafficate e incidenti trame e sui dinamici e pulsanti orditi astratto-aniconici, pregevoli dettati segnici, supportati da tensioni poetiche, che pongono nel gioco compositivo allusioni di racconti, sottilmente e variegatamente affabulanti, e accenni e pungoli visivi per rendere sensi luministici.
La linea esecutiva spiega tessuti materici e declina estensioni logico-spaziali armonizzate, connesse con spiriti di corporeità. Sottolineamo che la linea esperta s’aggancia a infrazioni materiche, a campiture estreme, a diversificate maglie ben impostate e a singolari estroflessioni ben guidate. Si percepisce che s’estendono anche flesse e duttili motivazioni di ricerca sul senso della vita e della stessa pittura. I suoi lavori sono molto apprezzati dal mondo dei media e dai settori della critica e ogni idonea opportunità espositiva permetterà una migliore acquisizione del suo tracciato segnico-pittorico-poetico, che legittima un percorso di attenzioni massime al mondo.
L’attuale tracciato dall’artista rimanda e posiziona commenti e aperture squillanti, attraverso l’uso di acrilici, collages, impasti di polvere di marmo e di carta, di mille colori, preparati tramite pigmenti francesi e armeni, e non solo. In sequenze informali ritroviamo, ancora, materiali antichi, juta, pietrame, vetro, lino, carta antica, legno, metalli, creta e bronzo per le sculture a cera persa, ma anche fuoco e lavorazioni a fiamma pure sui colori, muffe controllate, utilizzo di collanti antichi (colla di coniglio, lino crudo, bolo, ecc.).
Giancarlo Ciccozzi fa palpitare un astrattismo con eleganze modulate, curvilinee e sinuose, fraseggi pittorici, ribattute articolazioni e consistenze materiche, che, insieme, sottolineano campiture gravide di umori e di verità. Anche segni, segnacoli, segnature e segnali intercettano effetti ludici e sorreggono tagli geometrici e squarci informali. L’artista sa bene come portare avanti la sua vicenda pittorica con indagini di ampio respiro nelle pieghe di onde astratto-informali.
Giancarlo Ciccozzi ora ha una sua cifra di riconoscibilità, che regola memoria e maniera, passato e presente, riclassifica le tonalità cromatiche, rimedia il senso del taglio per agevolare aperture e uncinare valenze certe, in cui spessori rendono profondità reali e, altre volte, spaziali. Le prese di coscienza, attivate da un esercizio quotidiano di respiro e di metodo e rese in sviluppi vitali, non lo stancano e prosegue, senza sosta, nell’elaborare una frontiera di profili estetici, consistenti e condivisi.

(tratta da "Ricordi di un Terremoto", catalogo della personale al Palazzo dell’Emiciclo-Consiglio Regionale d’Abruzzo, dal 5 al 17 Aprile 2019)