Collage e Pandemia, doppia intervista all'artista David Delruelle e alla curatrice Cécile Angelini

8 Febbraio 2021 Redazione A&S 3746

NELLA FOTO: DAVID DELRUELLE E CECILE ANGELINI.

La redazione di Arte & Società è lieta di proporvi una inedita intervista testuale a due giovani promesse dell’arte contemporanea: l'artista David Delruelle e la curatrice Cécile Angelini, entrambi nati a Bruxelles, in Belgio, rispettivamente nel 1988 e 1989. Delruelle è un artista che opera principalmente con i collage, le cui tematiche toccano argomenti sociali, che ha esposto in Belgio, Francia, Stati Uniti, Argentina, Portogallo, Messico e Italia. Mentre Angelini è curatrice e filosofa dell’arte belga e italiana, che ha curato varie mostre tra Torino e Bruxelles.

Per conoscere meglio la produzione artistica di Delruelle, potete visionare l'articolo dedicatogli per la sua personale Assembramenti svoltasi a Torino nell'Ottobre-Novembre 2020. La doppia intervista è stata condotta magistralmente dal nostro direttore, il giornalista e sociologo Ivan Guidone.

Intervista doppia Delruelle / Angelini

Quando vi siete conosciuti e come è nata la vostra sinergia artista-curatrice?

  • David: Ci conosciamo da quando avevamo 18 anni, ci siamo conosciuti a Bruxelles tramite un’amica comune. La nostra “sinergia” professionale nasce dal nostro comune amore per l’arte contemporanea, che condividiamo da molti anni in diversi musei e gallerie.
  • Cécile: Quando ci siamo incontrati avevo appena iniziato a studiare filosofia all’Università Libera di Bruxelles. David era già appassionato di collage, suonava il basso in un gruppo chiamato “The Dumpties” e leggeva Nietzsche. Ho pensato: non può essere una brutta persona. Da lì è nata una bella amicizia e un’intesa artistica che non si è mai smentita.

Quanto è difficile fare Arte che fa riflettere, oggi?

  • David: Non credo di conoscere una forma d’arte che non faccia riflettere. Comunque, non trovo difficile creare, non sono un artista che ha bisogno di soffrire per questo. Mi considero un artista senza fantasia, mi interessa il caso, le scoperte; osservo, seleziono, mostro, pongo domande.

Quanto è difficile invece curare una mostra personale oggi?

  • Cécile: Più che difficile, sottolineerei quanto è fantastico curare una mostra personale o collettiva oggi: pensare ad un tema originale, discuterne con gli artisti, progettare una scenografia, dibattere con le varie figure professionali coinvolte (dal tecnico della luce al grafico, dall’architetto al proprietario del luogo, ecc.) Penso che un curatore debba essere determinato e all’ascolto delle suggestioni altrui, senza mai irrigidirsi sulla propria idea iniziale: l’aspetto “finale” di una mostra è sempre un po’ una sorpresa, anche per chi l’ha ideata, e non bisogna cercare di controllarne troppo l’identità: la reazione del pubblico, i commenti della critica e i fraintendimenti potenziali di chi la custodisce o la presenta (come quando un guardiano di museo proibisce a uno spettatore di camminare sopra una scultura da pavimento di Carl André, come Steel Zinc Plain, pensata appositamente per essere calpestate e contestare, così, l’aura di sacralità dell’arte) continueranno a modificarne l’identità e a prolungarne la vita!

Quando hai capito di voler fare arte sul serio?

  • David: Ho iniziato a sperimentare con il collage da adolescente, raggiunta l’età adulta questa ricerca si è approfondita durante i miei studi di illustrazione a Saint-Luc, dove mi sono innamorato del mezzo del collage. Dopo i miei studi nel 2013, ho deciso di lavorarci e di provare a farne una professione, o almeno, una pratica di ricerca.

Da quanto tempo e perché svolgi l'attività di curatrice d'arte?

  • Cécile: Ho iniziato nel 2018. Laurent De Meyer cogestiva la programmazione di un luogo chiamato il “Penthouse Art Residency”, a Bruxelles. Sapeva che stessi svolgendo un dottorato in filosofia, cosi mi chiese di organizzare una conferenza nel suo spazio. Avevo già fatto questo tipo di attività e preferivo lanciarmi in qualcosa di nuovo: così gli proposi invece di realizzare una mostra. Accettò subito e fu l’inizio di una nuova peripezia. Svolgo quest’attività perché sono appassionata d’arte e mi piace intrattenermi con persone creative; soprattutto, mi vengono sempre delle idee, concettuali e visive, che non riesco ad allontanare finché siano concretizzate. Come direbbe Oscar Wilde, l'unico modo per liberarsi di una tentazione è cedervi!

Che difficoltà trova oggi un artista che invita alla riflessione?

  • David: La principale difficoltà che incontro nella mia pratica è quella che accomuna tanti artisti: la mancanza di opportunità per poter mostrare il mio lavoro, organizzare mostre, vendere le mie opere, ecc. È molto difficile esistere per gli artisti che non sono rappresentati dalle gallerie. Ho lavorato per alcuni anni con la galleria Rossicontemporary ma attualmente non ho una galleria.

Questa pausa dovuta al COVID ha favorito la tua attività artistica?

  • David: La crisi sanitaria ha avuto due effetti sulla mia produzione: inizialmente ero in una sorta di stupore, come tutti gli altri. Per un po’ non ho creato davvero, penso di aver avuto bisogno di assorbire un po’ questa nuova realtà. Il confinamento successivo è stato molto vantaggioso per me in termini di produttività, questa situazione senza precedenti e completamente surreale è ovviamente molto ispirante. La finzione ha raggiunto la realtà e molti dei temi nei miei collage sono diventati ancora più rilevanti. Ho provato molta felicità e pace nel lavorare durante questi mesi di isolamento, con un’urgenza salvifica.

Questa pausa dovuta al COVID ha favorito la tua attività di curatrice?

  • Cécile: Ho avuto la fortuna di curare due mostre durante la pandemia: una (“Contaminazione”) al COVID Hospital San Giovanni Bosco, installato nel Museo d’arte contemporanea OGR – Officine Grandi Riparazioni di Torino, e una alla fiera d’arte contemporanea Paratissima (“Assembramenti”, una personale di David). In generale, però, non credo la pandemia e la quarantena abbiano aiutato il mondo dell’arte, la cultura o la creatività, anzi! L’ispirazione e la creatività hanno bisogno confronto con il pubblico e di sostegno economico per sopravvivere. In Italia, il Governo ha preferito, per un lungo periodo, lasciare aperte le chiese e chiudere i musei, i cinema e i teatri – direi che la “pausa dovuta al COVID” ha più favorito l’attività dei preti che quella dei curatori e delle curatrici!

Pandemia, contaminazione, assembramenti: sono le parole d'ordine delle ultime mostre. Potete spiegare ai nostri lettori quando, e come, è giunta la fatidica ispirazione?

  • Cécile: Le due ultime mostre che ho curato si intitolavano rispettivamente “Contaminazione” e “Assembramenti”: l’idea era di partire da due nozioni molto utilizzate in tempi di pandemia, ma poco riflettute al livello filosofico e artistico: cosa significa la contaminazione nell’arte? Come il collage, arte dell’assembramento per definizione, può riconfigurare la situazione attuale?

Come è la vostra scena artistica? È viva o immobile? Vi appoggia?

  • David: È molto difficile per me definire la mia “scena artistica” nel senso che ho la sensazione che ci sia una moltitudine di pratiche e applicazioni legate al collage. Per definizione, il collage è il mezzo della libertà, della sperimentazione. È diventata un’arte molto popolare, praticata in tutto il mondo. Esiste una rete di collagisti internazionali che comunicano e condividono molto il loro lavoro tramite i social network. Essendo diventato un po’ una moda, dobbiamo cercare di fare ordine in questa massa di informazioni ma quest’arte non è mai stata così viva.
  • Cécile: Sono rimasta incredibilmente sorpresa della gentilezza degli artisti con i quali ho collaborato: anche i più famosi hanno accettato di partecipare ai progetti che li proponevo, senza conoscermi, con entusiasmo ed estrema professionalità. Questo si che è un appoggio!

In questo periodo dominato dal pericolo COVID-19 sono nate tantissime collettive online. Secondo voi, sono solo un mero riempitivo di una lunga attesa o c'è qualcosa di buono?

  • David: Qualsiasi raccolta e scambio di idee è un’ottima cosa. È ovvio che abbiamo bisogno di connetterci con gli altri in questo momento in cui tutto ci spinge all’isolamento. L’arte non è mai avanzata senza uscire dallo studio.
  • Cécile: Concordo! Lo scopo di una mostra e di presentare un’opera, e ci sono un’infinità di modi per farlo. Già alla fine degli anni ‘60 / inizio degli anni ‘70 gli artisti concettuali avevano fatto uscire l’arte dagli spazi espositivi classici. Joseph Kosuth ha così presentato delle opere utilizzando degli spazi pubblicitari su dei giornali di grande tiratura, mentre Daniel Buren ha messo le sue “opere” (o piuttosto il suo “segnale”, le sue stringhe colorate) su delle panchine pubbliche, dei pannelli pubblicitari o sulla schiena di uomini sandwich. Seth Siegelaub, un editore, mercante e curatore d’arte legato ai Concettuali, ha organizzato delle mostre nelle quali presentava unicamente un catalogo di opere e non le opere stesse. Penso anche a Jan Dibbets, che ha immaginato una galleria televisiva: per la sua opera "TV as Fireplace", ha chiesto a una rete pubblica, WDR III, a Colonia, di trasmettere il suo video di un tizzone ardente che si consumava per tre minuti, ogni sera dal 25 al 31 Dicembre 1969. Per vedere l’opera di Dibbets al momento della sua diffusione, non era fondamentale recarsi nella sua galleria personale, o al museo, ma semplicemente accendere la televisione e connettersi al canale che trasmetteva l’immagine del fuoco – lo spazio d’esposizione di "TV as Fireplace" è, quindi, unicamente televisivo. Già all’epoca, Dibbets suggeriva che la TV era diventata un nuovo “fuoco ardente”, ovvero un luogo di condivisione per gli individui – come lo sono diventati, in modo particolare, telefono o computer durante la quarantena.

Ritenete l'uso dei social media utile alla vostra attività promozionale? O i canali tradizionali sono alla fin fine sempre più efficaci?

  • David: In realtà uso solo i social media per comunicare la mia arte.
  • Cécile: Uso tutti i canali possibili! Non ho ancora provato a vestirmi in donna sandwich per promuovere le mie mostre, però.

Secondo voi, dopo questa "epoca oscura", ci sarà un nuovo Rinascimento?

  • David: Possiamo solo sperarlo. Purtroppo, penso che la catastrofica situazione economica che seguirà la crisi non aiuterà l’arte al di fuori del circuito commerciale delle grandi speculazioni, dei “grandi” artisti. Rischiamo di vedere iniziative e assunzioni di rischi sempre più rare. Quante gallerie e musei chiuderanno i battenti? Quanti artisti saranno costretti a porre fine alla loro attività? È certo, in ogni caso, che il mondo sta accelerando a un punto di svolta e che sorgeranno nuove domande in termini di creazione.
  • Cécile: Qualche giorno fa Matteo Renzi, durante un suo elogio a Mohammed bin Salman, ha parlato di “nuovo Rinascimento” a proposito dell’Arabia Saudita. Se intende questo tipo di Rinascimento, lo eviterei ben volentieri! Scherzi a parte, concordo con David: la cultura deve essere sostenuta al livello politico ed economico, solo così potrà ripartire – il mito dell’artista “autentico” capace di creare senza risorse e solo per Amore dell’Arte stessa è, appunto, un mito. Così come quello del talento puro che, nonostante le inuguaglianze, verrebbe sempre riconosciuto.

Quali sono i vostri piani per il futuro?

  • David: Vorrei poter continuare la mia pratica del collage, organizzare delle mostre. Ho anche in mente una pubblicazione: per i 10 anni del mio lavoro, sogno di produrre una monografia che raccolga l’essenza della mia ricerca più compiuta.
  • Cécile: Andare al museo il weekend, al cinema o ai concerti la sera, ballare tutta la notte, assembrarmi a non più finire. Procurarmi la monografia di David, ovviamente. E nel frattempo curare tante mostre!

Continuerete a collaborare insieme?

  • David: Lo spero! Cécile e io andiamo molto d'accordo e abbiamo una buona comprensione del nostro rispettivo lavoro, penso che potremo ancora sviluppare molti progetti interessanti insieme.
  • Cécile: Ne sono certa – salvo imprevisti tipo pandemie, meteoriti, ritorno di Berlusconi o Salvini, ecc.

Spazio libero: dite quello che volete!

  • David: Grazie di questa intervista.
  • Cécile: “Quello che volete”. Grazie!

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Ultimo aggiornamento: 08/02/2021, 19:19