Isabelle Lemaitre (Giada Kali) / Critica

1 Settembre 2021 Redazione A&S 516

NELLA FOTO: LEMAITRE CRITICA.

In questa sezione sono raccolte alcune delle note critiche più significative sulla pittrice Isabelle Lemaitre (Giada Kali).

NOTA CRITICA #1
(a cura di Letizia Lanzarotti)

L’universo metafisico di Isabelle Lemaitre suggerisce arcane suggestioni nella scelta d’un elemento che diventa simbolo. Inteso come sùmbolon, che nell’antica Grecia aveva il significato di unione di due parti distinte. Parti che nella logica sono agli antipodi, ovvero la raffigurazione della lievità raffigurata attraverso la gravosità, la consistenza delle texture che non corrisponde alla realtà ed interno ed esterno che combaciano in una luce rarefatta e nella potenza della definizione dei dettagli, mai disposti casualmente. E’ cosi che troviamo la chiave che dà senso alla spettacolare produzione surrealistica, “un contenuto del tutto diverso da quel che ha per sé” come capovolgimento esistenzialistico della razionalità per rivenire il senso scuro contestualizzato.


NOTA CRITICA #2
(a cura di Maurizio Vitiello)

Isabelle Lemaitre di Charleroi (Belgio), vive col suo delicato immaginario le terre lontane della sua patria, ma, inesorabilmente, innesta alcuni motivi di una solarità mediterranea, filtrati in una filigranata disamina, che le è dentro e le scende nel corpo e nell’anima. I chiarori lustri delle sue parti sono esaltati e sono difesi dalle onde della valanga di luce che offre il bacino esaltante del Mediterraneo. Con incisivi segni contiene calori ed affetti familiari, marcando, così, una voglia di serena ed agreste dimensione, perdendosi con i pensieri nel blu del cielo, che, incantata, gode dal suo terrazzo di Massa Lubrense, inseguendo il profilo di Capri. Oggi insegue, nel tempo sottile, ma resistente, del mito, essenze autentiche, che risultano, però, ancora inavvicinabili. Si avverte nel suo codice linguistico, che rimanda ad un tempo vicino e, nel contempo, lontano, declinato da segni e simboli e da figure particolari ed estreme, la volontà di afferrare in un’analisi condensate valutazioni della vita. Le redazioni pittoriche di Isabelle Lemaitre reggono una scena trasversale, in cui s’incontrano e si scontrano, gareggiano e dialogano, mute esistenze. I simboli e le sofisticate elaborazioni, quasi d’elevazione fantasy, duettano in un mondo di liquidi rimandi per afferrare, di tessute evidenze e di nascosti interrogativi, molti rilanci e svariati segreti.


NOTA CRITICA #3
(a cura di Gennaro Colangelo)

Secondo l’acuto giudizio di Zygmunt Bauman, uno dei più grandi pensatori viventi, la fase attuale della nostra modernità è caratterizzata dalla leggerezza e dalla liquidità. Un modo fluido di leggere il reale come un’entità scorrevole e mai totalizzante è nell’opera di Isabelle Lemaitre. Sperimentazioni cromatiche e contaminazioni parafigurative ricche di simboli e di ardite suggestioni sono gli equilibri su cui l’artista costruisce il suo pensiero come un codice di comunicazione delle sensazioni che emergono dal suo percorso nell’esistente. Nel quadro “Samuel e moi”, i soggetti assumono sembianze di origine incerta, eppure collegabili alla concezione platonica dell’essere sferico perfetto nel tempo dell’inizio: l’ermafrodita del Simposio, scisso in due da un tragico destino in cui le due metà sono alla perenne ricerca l’una dell’altra. Sul palcoscenico delle nostre inquietudini, in questi anni di grande incertezza, solo l’artista può ancora evocare l’epoca mitica in cui era possibile all’uomo ascoltare la voce autentica dell’Essere. Tutta la pittura di Isa è una costante ricerca del senso profondo delle cose in un mondo che di giorno in giorno perde contatto con la verità e la vita, tramutandosi nella terra desolata di cui scrisse T. S. Eliot.