Salvatore Marsillo / Critica

19 Novembre 2020 Redazione A&S 732

NELLA FOTO: MARSILLO CRITICA.

TESTO CRITICO #1
(di Maurizio Vitiello, 2020)

Salvatore Marsillo nell’ultima collettiva intitolata “MARE – Segmenti dell’Arte Contemporanea”, allestita alla Galleria Arteincontro di Montesilvano (PE), guidata da Fabrizio Serafini, ha guardato dentro il mare ed è voluto andare sotto. Ha filtrato la sua attenzione in una quasi distinta filigrana e i fondali marini lo attirano. In questo caso l’artista ha operato su un altro codice.
Da non dimenticare, appunto, che con le ultime opere lavora volti con una rete di tessere, ad effetto flou o soft focus, vedasi la serie “Plenitude”, che riduce i contrasti dell’immagine, senza sfocare, ottenendo una diffusione delle alte luci con una minima invasione delle zone d’ombra; risultati: morbidezza del contesto visivo e, quindi, la realizzazione di una sophisticated image, riduzione delle imperfezioni della pelle, maggiore luminosità.
L'artista Salvatore Marsillo si sta spostando, ulteriormente, su effetti corporei e su risultati conseguenziali non dimenticando riferimenti animalistici e naturalistici dalle conclusioni stimolanti e singolari, nonché passaggi sui corpi.


TESTO CRITICO #2
(di Tiziana De Tora, 2015)

Arcipelago delle differenze
In esclusiva per Ù Arte, lo spazio espositivo di Casa di U, Salvatore Marsillo, giovane, ma già affermato artista romano, si presenta per la prima volta al pubblico partenopeo, con il progetto “Arcipelago delle differenze”, che racchiude quasi venti opere pittoriche, prevalentemente inedite, dalla natura fortemente materica e di grande impatto visivo. Sperimentatore di diversi campi dell'arte, dalla pittura alla fotografia, Marsillo fa emergere gli strati più profondi dell'anima, attraverso un percorso interiore che parte dalla materia grezza per affinarsi sempre di più al passaggio verso la superficie. Un viaggio quasi catartico verso una realtà che, inizialmente respingiamo, confusi dai condizionamenti della società che ci vorrebbe schiavi e omologati ad un unico pensiero. 
Marsillo evidenzia questa pulsione magmatica, che si trasforma nel percorso, per arrivare ad una metamorfosi in cui si intravede finalmente quell'arcipelago delle differenze: un mare indistinto ed in movimento, sul quale galleggiano isole che sono le nostre anime in divenire. Le sue opere spingono lo spettatore a viaggiare, con la mente e con lo sguardo, dentro se stesso, attraverso delle estrusioni materiche e cromatiche, intervallate da segni arcaici, graffi, incisioni ed elementi geometrici, quasi a voler ritornare all'origine dell'essere umano, per ritrovare quella purezza perduta e quel rispetto per le distanze, geografiche e mentali, che sono alla base della convivenza, come spiega l'artista: Attraverso gli "Arcipelaghi delle differenze" intendo comunicare la necessità di prendere coscienza delle diversità che intercorrono tra le varie realtà del nostro tempo, a livello personale (del singolo uomo) e a livello sociale. Queste opere esprimono l'esigenza di accettare consapevolmente le alterità che ci circondano, senza cercare una “reductio ad unum” che non ci potrà mai essere; rappresentano quindi un invito alla tolleranza, a riconoscere negli altri le infinite possibilità di essere e di esistere che costituiscono quella polarità opposta indispensabile ai fini della nostra stessa crescita ed evoluzione. Sta poi alla volontà e alla sensibilità di ognuno di gettare ponti tra un'isola e l'altra, per cercare un dialogo, una qualunque forma di comunicazione, un confronto. L'arte, che non conosce nazionalità, lingua, religione o credo politico ma si basa solo sull'alfabeto delle emozioni, è lo strumento per eccellenza che può avvicinare isole lontanissime tra loro.


TESTO CRITICO #3
(Giorgio Vulcano, 2014)

I Labirinti dell’Irrequietezza
In una società che, nella logica dei consumi e del progresso, inchioda ognuno a un presente quanto più pervasivo in termini di beni, c’è poco spazio per il futuro. Pensare al futuro significherebbe uscire da se stessi, proiettarsi in una dimensione lontana, quindi inevitabilmente spirituale, imporsi un bilancio della propria storia individuale. La società attuale, invece, tende a mettere da parte le prospettive future, rischiando di concentrarsi solo su un presente in cui l’uomo, ubriacato dalle conquiste della scienza e della tecnica, è sommerso dall’inquietudine individuale, dubbioso di poter governare un mondo carico di profonde ingiustizie e inquietanti pericoli che lui stesso ha creato. La vita contemporanea si carica giorno per giorno di inquietudine e ognuno è chiamato a prendere posizione, a cercare di dare un contributo per se stesso e per gli altri. 
L’arte di Salvatore Marsillo è indice di un’attenta indagine sulla società contemporanea e suscita interesse sulle cause della crisi esistenziale, sullo smarrimento delle coscienze umane, sulle oscure e profonde fragilità che spesso ci governano, tali da portare l’uomo a rifugiarsi sempre più in apparenze e talvolta a condurlo a imprevedibili atti istintuali. La condizione umana contemporanea è caratterizzata da pulsioni interne e cogenze esterne che spesso portano l’individuo a proteggersi, a costruire in se stesso forme di difesa per nascondere le proprie debolezze, celandole talvolta nell’arroganza, nell’egoismo, nel narcisismo e in atti di prevaricazione. Salvatore Marsillo offre nei suoi dipinti nuove prospettive, che esaltano la forza e il coraggio di una rinascita spirituale e morale. Esemplificative sono le opere Labirinto dell’Irrequietezza n. 5 e Labirinto dell’Irrequietezza n. 7, nelle quali il dedalo e allusivo a un viaggio le cui tappe segnano la crescita graduale e costruttiva dell’individuo, un percorso tridimensionale scandito da forme geometriche e segni che rispecchiano stati d’animo, pensieri e insoddisfazioni da cui è bello districarsi e rinascere.
Il sé ha facoltà illimitate, ma allo stesso tempo è prigioniero della sua personalità, quando l’uomo resta identificato al suo ruolo; l’identificazione diventa un labirinto, una selva nella quale ci si può sentire imprigionati, tanto da non avere scampo dalla proiezione che abbiamo creato, dimenticandoci così della nostra vera natura. Ma le stesse “forme rilievo”, le tinte chiare, volute dall’artista, dimostrano una positiva interpretazione dell’esistenza umana: l’identificazione, basandoci sulle nostre potenzialità e volontà, può diventare un percorso di vita, di rinascita, spirituale e psicologica. L’uomo non è solo ciò che fa, ma anche ciò che pensa; è la proiezione di una propria forma-pensiero.
Il magistrale talento dell’artista si manifesta in una sorta di alfabetizzazione della superficie pittorica, egli utilizza un idioma segnico quasi ancestrale, incastrando linee e segmenti entro una nivea tabula come un amanuense orientale la cui pacatezza e dedizione assumono aspetti religiosi. Il bianco, tinta perfetta per una educazione all’immagine, serve all’artista come atto catartico e purificatorio in perfetta vicinanza stilistica con i dettami dell’Estetica Paradisiaca.


TESTO CRITICO #4
(di Paola Consorti, 2014)

Self Interior
La natura stessa dell’opera d’arte possiede in sé la sensibilità e l’esperienza come espressione dell’interiorità del suo autore. Potremmo dire che questa contenga l’intero tragitto esistenziale, scritto inconsapevolmente nel disegno tracciato all’interno dell’opera. Segni che trasmettono, mediante il rimescolamento delle impressioni visive ed emotive, una complessità di contenuti e immagini riferibili a un vissuto in continua evoluzione, mai definito e concluso. In un necessario movimento che agisce sulla materia e sulla forma in uno scambio vitale e dinamico.
Tutto ciò avviene nei lavori di Salvatore Marsillo, dove l’opera è espressione di un percorso interiore volto a definire i termini essenziali ed esistenziali del processo creativo. All’interno di una già matura indicazione di poetica che l’artista applica con rigore nella sua ricerca, notiamo alcuni elementi ricorrenti che ne caratterizzano la produzione. L’utilizzo di un segno significante che traccia i contorni ben definiti e chiusi, contenenti forme geometriche, moduli architettonici, composti in un equilibrio di forme e di simboli, mostra la necessità di una interpretazione e organizzazione dell’esperienza vissuta. Allo stesso tempo l’immagine ci appare leggera nonostante la sua complessa natura e quasi in conflitto con se stessa nel rivelarsi ricca di vivaci pigmenti cromatici.
Nelle sue ultime opere polimateriche dal titolo Il labirinto dell’irrequietezza ci colpiscono due modalità compositive molto diverse tra loro. In alcune di queste l’idea di labirinto può essere ricondotta al sovrapporsi e intersecarsi di linee che rappresentano le difficoltà dell’uomo di riuscire a raggiungere se stesso, in altre il labirinto esprime la diversità di linguaggi, incompatibili tra loro tanto da creare una sorta di Babele. Nel corso degli ultimi quindici anni l’artista ha sperimentato, mediante un segno prossimo all’informale, le differenti materie pittoriche al fine di esplorarne le potenzialità, così da evidenziarne gli elementi peculiari alla sua indagine artistica. Nasce da questa ricerca l’Arcipelago delle diversità, una serie di opere nelle quali la convivenza di materie diverse allude alla realtà umana, legata inevitabilmente alla necessità di condividere un territorio comune, rispettando e valorizzando le differenti individualità.


TESTO CRITICO #5
(di Silvia Federici, 2018)

Stigmata, monologo interiore
Tinte scure, ombre, ossessione, conflitto, morte. L’incontro con l’ultima ricerca di Salvatore Marsillo colpisce nel profondo, invitando chi la osserva a un intimo colloquio con l’interiorità dell’artista e con la propria. In Stigmata, il pittore lascia fluire liberamente riflessioni che scaturiscono dall’inconscio; sensazioni, ricordi e parole si fanno immagine, diventando lo specchio dell’universo interiore dell’artista. Un fluire ininterrotto che svincola il ciclo di opere da una rappresentazione iconografica predefinita, ma in cui i soggetti prendono di volta in volta vita sull’onda del flusso di coscienza dell’autore. L’energia espressiva evolve nei modi più inaspettati e originali, assumendo ora la foggia di cavalli imbizzarriti, ora di figure umane evanescenti. Ciò che a primo sguardo potrebbe apparire casuale è tuttavia legato da una complessa riflessione esistenziale: l’artista si sofferma sulla condizione umana contemporanea, ma senza arrogarsi il diritto di dare delle risposte, proponendo anzi una serie di interrogativi da condividere con l’osservatore. Le opere di Stigmata rappresentano un momento di autocoscienza dell’artista, la necessità di esprimere il proprio monologo interiore, ma al tempo stesso sono pervase da considerazioni e istanze nelle quali ogni individuo può identificarsi.