La sapiente operosità ed il genio mercuriale di Fernando Pisacane

29 Aprile 2020 Redazione A&S 685

NELLA FOTO: PISACANE CRITICA.

L’Alchimia è un percorso interiore, che, prima o poi, ogni individuo dovrebbe praticare in una maniera o l’altra per giungere alla consapevolezza del sé.
È comunque un percorso che ogni artista percorre nella sua evoluzione spirituale. Fernando Pisacane, pittore impegnato in questa ricerca, lo sta facendo non soltanto vivendo la sua quotidianità di artista del XXI secolo cercando quei segnali e quelle luci che risvegliano dentro di sé l’anelito alla conoscenza dell’Assoluto, ma anche attraverso lo studio di antichi testi filosofici durante le notti insonni nel suo laboratorio interiore.
La proiezione di processi immaginativi da trasferire su un supporto e tradurre in forme e colori sono stati e lo sono tuttora i veri momenti di realtà vivificanti del suo essere. Dalle sue opere traspare facilmente, e lo sa bene chi lo conosce, lo spirito di una filosofia e di una realtà di un mondo superiore, di una diversa dimensione, di cui egli è pervaso.
È appunto questo lo spirito che, come un’ombra, sottende a molte sue opere di questi ultimi anni. In un musicista la ricerca dell’accordo del suono crea l’armonia dei suoni a seconda dell’ispirazione della mente, in un pittore come Fernando Pisacane la musica intima dei suoni della propria anima si traduce in forme e colori.
È in questo processo ideativo e creativo che nascono le sue opere. Si dice infatti che sia l’Arte a determinare in questo nostro mondo il potere della creazione così come la Musica, l’Architettura, la Poesia, la Scultura, la Pittura sono le muse che accompagnano tutto ciò che di bello può esistere nell’uomo: è il “verbum caro factum est”, il suono che diventa realtà.
Ciò che dà estasi, il battere forte del cuore, il vibrare del sangue e di tutto il corpo che si trasfigura in un essere più sottile e diafano. Il nostro Autore è irresistibilmente immerso in questa realtà, che crea infine una irresistibile persuasione ai suoi rapporti con gli altri.
Certo, occorre una infallibile abilità nel riuscirci, ma questa non manca a Fernando Pisacane la cui pratica “in soffitta” è durata per lungo tempo. Alla fine le strutture che crea nella multimaterialità della composizione e nella varietà dei colori espressi plasticamente diventano “armonia” della mente, quasi ispirazione di tutta l’anima. Esse posseggono e danno forza, ma non quella della fatica fisica, la forza delle membra o la ferocia e la durezza del cuore, no, ma la forza dell’anima che si eleva a Dio.
Assolutamente io non sono né posso essere considerato alla stessa stregua di un critico d’arte, non ho competenze in tal senso, né ho la possibilità o le capacità di descrivere le dinamiche scaturite da una analisi e una disamina profonde e raffinate delle opere che vediamo al centro di questa ricerca pittorica. Il mio sguardo e la mia attenzione sono rivolti a comprendere il legame che unisce l’opera al suo autore, ma soprattutto a percepire l’intimo lavoro che lo pervade ancora. In un certo senso è il tema dell’inconscio che io posso captare nell’artista e sviluppare.
Conoscendolo da vari anni pertanto ne conosco la potenza della sua affabilità, dei suoi modi di rapportarsi, del suo sorriso; essi sono tali da addomesticare un leone affamato o un avversario irato. Il suo essere e i suoi modi uniti ad una mitezza istintiva caratteristica, sono la forza che lo rendono fratello a colui che si avvicina.
Il lavoro svolto dal fratello Pisacane, cui mi lega l’appartenenza ad un circolo di studi sulla filosofia ermetica, mi porta a ricordare il lavoro minuzioso preciso e delicato descritto dal cavaliere Piccolpassi, artista del ‘500, nel suo “Li tre libri dell’Arte del Vasaio”.
Dalla creta informe, bruta materialità, caos indefinito, con sapiente operosità e genio “mercuriale” e pazienza si realizza il vaso ricettacolo della più sublime divinità e conoscenza dell’arte secreta. È questo è anche il processo che è possibile vedere nelle opere di Fernando Pisacane in mostra in questo scenario che racchiude e condensa anni di ricerca, di studi e di esperienze.
Il lavoro che l’artista compie nella sua oscura bottega può sembrare a un primo acchito o a una mente superficiale e poco attenta, semplice, facile ma in realtà non è proprio così. Parte dalla scelta dei materiali, dalla composizione della materia prima, dalla percentuale e dalle dosi che possono essere utili alla bisogna. Le dita e le mani impastano la materia caotica e la affinano sempre di più, il lavoro è monotono al tornio per rendere sottile ciò che è spesso, ma è con l’arte che si realizza e si perfeziona l’Opera.
Secondo Fulcanelli le dimore filosofali sono il supporto, qualunque possa essere la sua natura e sostanza, utile per tramandare ai posteri una verità. È questa l’opera, frutto di un’arte segreta che nel suo laboratorio solitario e pontando dal mondo realizza il nostro artista?
Credo di sì. Voglio pensare e vederlo così nella sua romita casa, solitario tra i suoi libri, attorniato dal verde degli alberi che lo circondano, illuminato dal biancore del suo amato e fedele cane che gli fa compagnia, a ricercare nelle forme e nei colori ciò che la mente visionaria e ispirata può creare nel mondo della realtà in cui vive.

Roberto Magri