Gelsomina Rasetta / Note critiche

10 Febbraio 2021 Redazione A&S 617

NELLA FOTO: RASETTO CRITICA.

NOTA CRITICA #1
(a cura di Giuseppe Massimini)

Agli inizi della sua attività una breve esperienza figurativa, poi qualche capriccio di astrattismo lirico-geometrico e la ricerca informale. Oggi l’esaltazione del segno e la corposità del colore. Colori, brani di luce e spazi aperti da improvvisi abbandoni del segno animano le tele come sipari che introducono in una dimensione del tutto nuova. Tutto viene ricondotto all’essenziale. Ad una nuova realtà fatta di echi lontani, ricordi, risonanze interiori. In queste ultime opere, ogni dipinto è una specie di diario segreto affiorato dai cunicoli dell’inconscio nella superficie dipinta. L’artista giunge ad una piena maturità conquistata giorno per giorno sul campo: dalle prime prove giovanili ai successivi coinvolgimenti nel mondo dell’arte. Una maturità che ha in sé una classicità rigorosa e piena di suggestioni. Tutta mediterranea.


NOTA CRITICA #2
(a cura di Antonio Zimarino)

Approssimative reminescenze art nouveau e uso espressionistico deformante della figura e del segno, affrontano il tema della memoria e del tempo che scorre, in una sorta di percorso dell’incertezza del sé. Ciò che si è stati e si è, lo spazio e il tempo interiori assemblano brani di immaginazione e di memoria, fino a perdere la percezione realistica di uno stato e di una condizione reale per pensare di vivere nell’interiore. Nell’indistinzione, nell’interiorità, le emozioni dei contrasti cromatici, ricordano ancora un desiderio di definizione, ma l’indistinzione e la sovrapposizione sono ormai la nuova identità inevitabile. In essa, la razionalità che fu è data dall’euritmia e dall’equilibrio delle geometrie sottese che tuttavia, tendono anch’esse, con nostalgia a dissolversi.


NOTA CRITICA #3
(a cura di Salvatore Russo)

Voglio paragonare quest’opera di Gelsomina Rasetta al libro della conoscenza. Un libro da sfogliare di continuo per cogliere la vera essenza. In questa opera l’artista ci dimostra la sua conoscenza enciclopedica che si distacca dal passato per sviluppare un nuovo linguaggio visivo. Un linguaggio dominato dal colore. Un linguaggio che ha nella materia le sue fondamenta.


NOTA CRITICA #4
(a cura di Ezio Sciarra)

Si può dire che l’invenzione emotiva, la poetica al femminile che ispira l’arte di Gelsomina Rasetta, è quella dell’immaginazione di combinatorie coloristiche tenuamente solari, codice espressivo per comunicare la condizione femminile sospesa tra successi di emancipazione e fallimenti dei conati.


NOTA CRITICA #5
(a cura di Gabriella Capodiferro)

È la linea, a creare in lei, la spinta verso l’invenzione della forma. Quella aperta allo spazio, al volume e al movimento resta più suggerita ed evocata che non reale prestandosi al gioco ambivalente di figura sfondo.


NOTA CRITICA #6
(a cura di Elena Grini)

Con una pittura figurativa al limite dell’astratto, in cui ingegnosi “ornamenti” stimolano intense suggestioni dovuti all’abile orchestrazione della materia cromatica, quest’artista ci presenta un discorso lirico-raffigurativo, portato avanti con forza espressionistica-informale. L’impeto delle pennellate e dei colori di Gelsomina Rasetta denotano una sorta di festosità fiabesca, profondamente sentita e magistralmente espressa, in atmosfere indistinte. Più eteree e, tutto sommato, formalmente più disinvolte appaiono le opere dedicate ai “silenzi”, dal taglio spigliato, dalle variabilissime attitudini cangianti, dal colore che emerge monocromo o sprofonda tenue e incorporeo, in un gioco di dissolvenze, di smaterializzate evanescenze.


NOTA CRITICA #7
(a cura di Sandro Serradifalco)

La concretizzazione del rapporto visibile-fruibile assume nelle opere di Gelsomina Rasetta identità variabile dal decontestualizzante fascino coloristico. Nelle elaborazioni pittoriche della nostra il tratto diviene mezzo di conferma della possanza tonale, strumento di esaltazione percettiva. Linguaggio devoto al consolidamento degli elementi essenziali nella narrazione pittorica. Senza alcun dubbio siamo dinnanzi ad una metodica compositiva di grande prestanza stilistica.


NOTA CRITICA #8
(a cura di Roberto Bertoia)

L’arte figurativa costituisce un riflesso della bellezza di Dio poiché da sempre essa cerca di raggiungere la soglia del bello ideale. Soprattutto quando dà voce ai moti interiori che sono nel cuore dell’uomo, risonanza della fede essa diviene ricerca e anelito di gioia, elevazione dello spirito alle vette della liberazione e dell’amore, purificazione del cuore dalle ombre e pesantezze della finitudine, della tristezza della realtà fuggente, per giungere alla proiezione e al contatto con il divino nella percezione di desiderio dell’immenso e dell’eterno. L’artista Gelsomina Rasetta, inserendosi nel ceppo della pittura astratta, si pone con le sue opere in maniera molto riuscita nella corrente artistica “informale”, dove l’assenza della linea iconografica è una scelta artistica ben precisa. Infatti vuol essere non fissazione di un evento o di un messaggio, ma quasi una scrittura che lascia un segno del proprio stato emotivo. Ella affida la vena della sua composta religiosità alla scelta fedele dei colori azzurro e giallo, messaggio il primo della realtà celestiale nella sua infinitezza e imponderabilità, il secondo del ritorno del divino e della sua opera nella realtà creata, tanto più riflessi nel volto umano e nella natura (il verde, risultanza dell’azzurro del giallo); così in “Venite a me”, “Preghiera” e “Fame d’Amore”, che costituiscono i pezzi rilevanti della mostra e ne riassumono il significato. In queste opere l’Artista arriva a consacrare la sua dimensione umana e spirituale consegnandoci, come in uno slancio della missione, il richiamo alla trascendenza nell’immanente e all’immanenza del Trascendente.


NOTA CRITICA #9
(a cura di Beppe Palomba)

È la ricchezza espressiva, quella che colpisce nei dipinti della Rasetta, la forza sottesa a un colore, a una pennellata, che insieme esprimono un divenire continuo, dinamico, reo con personalità e gusto compositivo per la gioia degli occhi di chi osserva. Oggi si cimenta con determinazione e la consueta creatività in un materico ancora più definitivo, con l’apporto sul piano di stesure di tessuti e colori, in un insieme che esalta la sua capacità di rappresentare i sentimenti, di renderli quasi tangibili, di trasmettere un senso di serenità, di pace gioiosa.


NOTA CRITICA #10
(a cura di Dino Marasà)

Gelsomina Rasetta si impegna a svelare l’essenza delle cose. La trasforma in cromatismi e forme caotiche che ben simboleggiano l’energia contenuta nell’infinitamente piccolo. E tale forza nascosta e impetuosa è travolgente come la fantasia dell’artista quando elabora ciò che ha visto, prima di trasformarlo in narrazione pittorica.


NOTA CRITICA #11
(a cura di Salvatore Russo)

Voglio paragonare quest’opera di Gelsomina Rasetta al libro della conoscenza. Un libro da sfogliare di continuo per coglierne la vera essenza. In questa opera l’artista ci dimostra la sua conoscenza enciclopedica che si distacca dal passato per sviluppare un nuovo linguaccia visivo. Un linguaggio dominato dal colore. Un linguaggio che ha nella materia le sue fondamenta. Con grande raffinatezza stilistica l’artista pone alla nostra attenzione il suo capolavoro di luce. Un’opera da osservare per poi continuare ad osservare fino a rimanere attratti dalla sua grande energia.


NOTA CRITICA #12
(a cura di Carla D’Aurelio)

Gelsomina Rasetta, artista abruzzese nota per il suo ricco “curriculum” per il senso di una feconda ricerca documentata da una copiosa letteratura in cataloghi, libri d’arte, note giornalistiche, etc. Espone le opere elaborate nell’ultimo decennio, facenti capo a cicli diversi quali “Pieghe del Tempo”, “La Donna Umiliata”, “Volo degli Angeli”, “Alla Ricerca di un Possibile”. I lavori in mostra, realizzati pensando alle vicissitudini del genere femminile, accompagnati da pizzi antichi, forniscono spunti ed elementi per riflettere sul vissuto della donna contemporanea (compreso il femminicidio). Con uno sguardo alla vita e al tempo che score lasciando segni, memoria e luci di speranza. Per una artista realizzare periodicamente una mostra risponde al bisogno di verificare consapevolmente il senso e i risultati della propria ricerca, all’esigenza di documentare e guardare ciò che si è fatto da un punto di vista distaccato per comprendere la riuscita delle attese e dei propri sforzi progettuali. Dopo l’importante esposizione al Castello di Nocciano del 2006 (“Tempo Non Sigillato” – Edizioni Tracce), motivata da una profonda ricerca spirituale che con gesti liberatori riusciva a spalancare i luoghi dell’essere tra purezze e contaminazioni, trascendenze e fisicità con questa mostra l’artista sembra concretizzare i luoghi del tempo e della vita. In espressioni che narrano la memoria e il presente, nel bene e nel male, come la propria sensibilità e creatività li ha immaginati. Questa mostra rappresenta, infatti, esperienze di un nuovo tempo creativo, pur in continuità con il passato, che approfondisce tematiche umane e sociali appartenenti al patrimonio culturale dell’artista che sembra dare espressione e compiutezza all’idea di una realtà possibile attraverso l’Arte. In tale occasione viene presentato il catalogo “Dell’Amore e della Bellezza” curato da Antonio Zimarino (Editore Rubbettino) che raccoglie le opere insieme ai contributi di studiosi quali Antonio Farchione, Eide Spedicato, Ezio Sciarra.