CopertinaContributi e SegnalazioniArtivismo e passione: una conversazione con Gilda Pantuliano (articolo + foto)
22 Agosto 2024 Redazione A&S 724
Numerosi sono i riconoscimenti che sta riscuotendo, tanti e su più fronti, tanto che di questo passo - ne siamo sicuri - non avrà difficoltà ad imporsi anche sulla scena nazionale. Per GildaPan l'arte è strumento per sensibilizzare il pubblico alle tematiche ambientali e sociali, Gilda Pantuliano è infatti fieramente "artivista". Le sue opere sono state argomento di tesi di laurea presso l'Università degli Studi di Palermo dal titolo "La forma contemporanea del libro: confronto fra le ricerche artistiche di Gilda Pantuliano, Alicia Martín e Jordi Prat Pons", scritta dalla neodottoressa Mary Ceraulo. La valida artista salernitana è tra le vincitrici del primo bando per l'arte contemporanea indetto dal Comune di Napoli per il 2024 con il progetto Art éco (a cura di Melania Fusaro e la Cooperativa Sociale Culturadice). Ha di recente concluso con grande successo di pubblico e di critica la sua prima personale a Napoli presso la galleria Spazio 57 dal titolo “laformadelleonde” svoltasi dal 22 al 29 Giugno 2024. L'artista Gilda Pantuliano ci concede una esaustiva intervista nella quale ci parla "tutto" di sé, delle sue influenze artistiche, delle sue idee, delle sue esperienze passate e dei suoi progetti futuri.
Le foto allegate, ritraneti la summenzionata personale partenopea, sono a cura del valido fotografo Raffaele Evangelista.
Quando e perché ha iniziato a fare Pittura?
L’esigenza espressiva è insita nel mio essere, non potrei fare a meno di creare. Sin dalla tenera età ho dimostrato un’indole creativa avvalendomi di differenti mezzi per approdare al collage e poi alla pittura, intorno ai nove anni, quando mi fu regalato un cavalletto. La mia prima tela a tempera fu il panorama che ammiravo da una grande vetrata in casa dei nonni materni: le colline dell'entroterra salernitano che digradavano fino al mare di Paestum. L'amore per la natura e i suoi colori caratterizzano la mia vita da sempre.
Quali sono i suoi artisti preferiti e quali quelli che l'hanno ispirata a fare Arte?
In gioventù ero attratta dal senso estetico dei Nabis, dei Preraffaelliti, dalle donne misteriose e i cicli ispirati alla mitologia di Waterhouse, fino a sviluppare una vera passione per Aubrey Beardsley: per me, mai sangue fu più rosso di quello a china nera nelle sue illustrazioni per la Salomè di Oscar Wilde. Mi sono sempre nutrita da ogni grande Maestro che il passato ci ha donato ma sono culturalmente onnivora, in età adulta ho iniziato a prediligere il concetto all’estetica, alla rappresentazione di un qualcosa. Oggi ammiro l’operato degli artisti che includono nella propria poetica i concetti di attenzione verso le tematiche ambientali e sociali e di recupero, sia delle tradizioni che dei materiali. Penso a Mara Lai, a Olafur Eliasson, a Tania Bruguer, a Francesca Leone, a Regina José Galindo… ma se penso a chi mi toglie letteralmente il respiro per l’emozione è l’oscuro chiarore di Anselm Kiefer.
Come definirebbe la sua ricerca artistica?
La mia ricerca artistica multimediale, composta di vari cicli, la definirei “eco-etico-estetica”. La Natura, la denuncia di tematiche e problematiche sociali e ambientali non possono essere scisse dalla mia vita, faccio attivismo tramite l’arte e porto avanti la mia visione di arte come mezzo per sensibilizzare l’opinione pubblica sugli argomenti che mi stanno a cuore. Per fare un esempio della mia visione dell’arte, il mio ciclo di collage digitali Le orme sull’acqua, nato a Procida nel 2013, è realizzato con le fotografie alle reti da pesca per denunciare il loro abbandono in mare, fenomeno che genera inquinamento da plastica e pesca fantasma, entrambi nefasti per l’ecosistema marino. Ma nei miei lavori non avrei mai potuto parlare di questi argomenti se non fossi da sempre impegnata come volontaria con varie associazioni per la pulizia delle spiagge: ritengo che l’arte sia verità, quindi nuda, e il fruitore capisca se chi crea è un baro. Ormai è di moda dichiararsi ambientalisti ma esserlo è una questione di etica e di scelte che impattano sulla vita quotidiana: non possiedo automobile e mi sposto con i mezzi pubblici, con la consapevolezza di tutte le problematiche correlate.
Cosa è cambiato in lei, e nella sua ricerca visiva, dagli esordi ad oggi?
Il mio vecchio nome d’arte era Fluida, ora mi sento GildaPan. Questo la dice lunga sull’importanza che ha per me il concetto di cambiamento, mi sento perennemente “in fieri”. Man mano che procedevo con la mia ricerca, sono cambiate le mie competenze tecniche ed è cambiata anche la consapevolezza della potenza dell’arte come mezzo di comunicazione per eccellenza. Ciò ha comportato un apparente cambio di rotta. Sono un’artista inquieta, versatile e lavoro per “cicli”. Per ognuno di essi, dopo aver avuto l’ispirazione per il tema da trattare, decido quale sia la tecnica espressiva più opportuna. Rino Mele mi ha definita “Un’artista dall’esasperata razionalità” a ragione. Dopo l’esordio nel 2018 con la sopra citata ricerca digitale che, per la sua originalità, era subito riuscita a ottenere la riconoscibilità, nel 2020 è arrivato il lock down e non potendo girovagare sui moli a caccia di reti da pesca per creare i miei collage, sono entrata in crisi. Dopo un periodo di introspezione ho iniziato a lavorare sul concetto di memoria con le pagine ancora leggibili recuperate dai miei vecchi libri ritrovati ammuffiti, azzerando il mio precedente approccio al fare artistico. Mi sono adattata alla contingenza dello strano periodo della pandemia passando da un linguaggio astratto, tecnologico e, per molti aspetti, asettico, a uno più tradizionale, di pieno contatto con la materia, seguendo la mia indole ecologista quindi approcciandomi alla creazione con ciò che avevo a disposizione: i miei libri ammuffiti, tantissimi. È nato il secondo ciclo di lavori, Parole in luce, formalmente distante dalla mia precedente produzione, ma la protagonista dei miei lavori resta sempre la Natura, il fondamento della vita.
È soddisfatta della sua ricerca artistica o c'è ancora molto da esplorare per lei?
Sono ipercritica verso me stessa e so che la mia ricerca artistica durerà tutta la vita poiché coincide con la mia ricerca interiore. Metto in pratica, pertanto, l’insegnamento di Battiato, artista a trecentosessanta gradi che spesso ha ispirato i miei lavori: 'Non domandarti dove porta la strada, seguila e cammina soltanto'.
Quale è la mostra (collettiva o personale) che ricorda maggiormente?
La mia prima personale a Roma nel 2020, nell’allora Galleria Art GAP, oggi sede della Fondazione Kattinis. Fu una grande emozione veder comparire al vernissage il Maestro Julianos in persona, allora già di ottantasei anni, incuriosito dai miei lavori, e la gioia fu immensa quando ne lodò a voce la bellezza e l’originalità e mi scrisse un bell’elogio sul registro delle presenze.
Come vede l'attuale scena artistica contemporanea?
Rilevo una netta distinzione tra la scena contemporanea italiana e quella oltreoceano... quanti nomi di italiani compaiono tra gli artisti più importanti al mondo? Ma non ritengo che ciò sia causato della mancanza di talento, anzi! Forse dipende dal fatto che qui abbiamo la tradizione artistica, un patrimonio tanto importante da schiacciare la produzione contemporanea, un patrimonio così pesante con il quale rapportarsi e dal quale è impossibile prescindere... la scena che conta oggi, quella americana delle grandi fiere e gallerie, sembra sia ripiegata verso se stessa pur con le dovute ma insufficienti eccezioni come il CIMA a Soho, pertanto per gli artisti italiani giovani, esordienti o emergenti non vedo porte spalancate all’orizzonte.
Ha trovato difficoltà a farne parte?
Per fortuna, no. Ho capito subito quello dell’arte era l’unico mondo in cui sentirmi me stessa, nel quale poter esprimere la mia essenza. Grazie alla partecipazione alle mostre ho fatto centinaia di conoscenze che mi hanno arricchita anche dal punto di vista umano, da alcune sono nate delle bellissime amicizie. Pur avendo sempre creato, ho esordito a quarantasei anni iscrivendomi in vari concorsi, e i riconoscimenti di critica e pubblico sono arrivati subito con svariati premi. Il piacere di ricevere riscontri positivi è innegabile ma di certo non sono i premi a determinare il valore di un artista e non sono fondamentali. Ciò che invece lo è si chiama “valore sociale dell’arte”, credo fermamente che l’arte possa contribuire al cambiamento della società perché riesce a smuovere le coscienze e, in questo senso, mi sento fortunata a far parte dell’attuale scena artistica perché posso contribuire affinché quel cambiamento avvenga. Mi interessano e mi esprimo sulle tematiche ambientali e sociali, come quella della disperata situazione delle donne in Iran. Il regime integralista schiaccia l’inalienabile diritto alla libertà delle mie sorelle e io non riesco a non esprimermi in merito, anzi, lo faccio affinché il mio grido di rabbia e di denuncia si aggiunga e amplifichi quello di tutte le altre donne. Quando in seguito all’uccisione di Mahsa Amini ho aderito al movimento “donna, vita, libertà” tagliandomi i capelli, ho deciso di cristallizzare quel gesto, di trasformarlo in arte. È nato [reliquia], un nuovo ciclo di lavori realizzati con materiale naturale e organico. Polvere, pietre, carta strappata, spine, capelli, lacrime e sangue umano, il mio, perché, ribadisco, per me l’arte è verità e per narrare le atrocità non riuscivo a pensare a nessun altro elemento per rappresentare il sangue se non il sangue stesso. Nell’opera Hadis, una piccola installazione in teca, ho vergato con il mio sangue le parole “Jin, jiyan, azadî”, il motto delle guerrigliere in Kurdistan ripreso nelle proteste del 2022 in Iran, come dall’Iran arriva un sasso di travertino rosso come il sangue che ho posto nella teca a simboleggiare che lì le donne vengono ancora lapidate. Su tutto fluttua una sorta di fiamma creata con i miei capelli, la fiaccola della libertà che nessun integralismo riuscirà mai a spegnere.
Ritiene utile per un artista avere un Sito e fare uso dei Social?
Viviamo nell’era della comunicazione ed il web ed i social sono fondamentali per promuovere l’attività artistica, sono un importante biglietto da visita e rappresentano una vetrina aperta H24 con un bacino d’utenza praticamente smisurato! Per queste ragioni sono molto contenta di essere stata inserita nell’Atlas artisti di Arte&Società!
Cosa consiglierebbe ad un giovane che vuole intraprendere un percorso artistico?
In primis di studiare, visitare mostre, musei e monumenti perché l’arte si nutre anche di arte. Di impegnarsi ed esercitarsi nelle tecniche di base anziché perder tempo a voler emulare i content creator sui social che raccolgono migliaia di like a suon di video in cui versano vari bicchierini di colore su tele che ruotano e si fanno chiamare “Artisti”. Questi sono messaggi fuorvianti, l’arte è una cosa seria, alla fine le scorciatoie non portano a nulla. Di acquisire consapevolezza che in Italia, il paese della Bellezza e dell’Arte, le professioni di danzatori, attori e musicisti sono normate e accomunate sotto la voce “Artisti” ma non esiste più alcuna corporazione, registro ufficiale, sindacato, albo professionale per gli artisti delle arti visive, fu tutto soppresso nel 1948 e rimase in piedi solo l’albo degli architetti. Per noi artisti italiani non esiste nessuna protezione sociale, nessuna regolamentazione, nessuna agevolazione fiscale come accade in altri paesi europei, dove i nostri fortunati colleghi hanno luoghi pubblici gratuiti nei quali allestire il proprio studio, e pagano con i propri lavori che vengono acquisiti dalle pubbliche collezioni generando un circolo virtuoso che fa accrescere il curriculum dell’artista e il valore delle opere. Da noi, purtroppo, il circolo è vizioso, è come se la nostra figura fosse sempre percepita come quella di un hobbista. Dico ai giovani di essere consapevoli che in Italia, di arte non si può vivere, dovranno per forza fare i conti con la conseguente frustrazione che deriverà da questa presa di coscienza. Ma agli artisti in erba consiglio anche di stringere i denti, resistere e non tradire la propria indole, so per esperienza che l’esigenza espressiva è lava che è impossibile da contenere… prima o poi, trova il modo di erompere!
Quale media predilige per la sua ricerca artistica?
Pittorico, digitale e cartaceo... ma direi anche scultoreo, fotografico ed installativo. Prediligo qualsiasi medium atto a comunicare le mie visioni!
Vuole dire qualcosa ai nostri lettori?
Sì, con le parole di Lea Vergine: ”L’Arte non è necessaria. È il superfluo. E quello che ci serve per essere un po’ felici o meno infelici è il superfluo.”
Ivan Guidone
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Ultimo aggiornamento: 23/08/2024, 13:14