Antonella Cappuccio / Note critiche

20 Marzo 2020 Redazione A&S 1411

NELLA FOTO: CAPPUCCIO CRITICA.

Il senso della scena nelle rielaborazioni di Antonella Cappuccio

L’intensa produzione di Antonella Cappuccio, pittrice e costumista con un gran lavoro in RAI, per il cinema e per il teatro, delinea una teoria di raffinate distinzioni, ben governate da un sapiente gioco di rimandi. Attrezzata, formidabilmente, per il ritratto e per le fisiognomiche più ardite e complicate, sa ben disporre impianti compositivi, che si accettano per la loro qualificata intraprendenza stilistica e per la ben calcolata predisposizione ad accogliere dimensioni figurative.

A un’attenta lettura si colgono le eccellenti capacità di una mano calibratissima, che ordina e redige molteplicità interpretative in un repertorio allargato, che va da sfondi psicologici ad assunzioni d’impatto di realtà evidenti. L’ultima sintesi delle sue definizioni visive e le tecniche miste, ispirate, tra l’altro, a Seurat e a Raffaello, sino agli arazzi di corposità figurativa ci spingono, ancora una volta, a sottolineare che l’artista può riattraversare la storia dell’arte con un suo intraprendente e intelligente metodo analitico-riflessivo per far emergere un suo proprio stile a commento.

Con ludica partecipazione inquadra e con perspicace prospettiva enuclea e ridefinisce gli assunti artistici conosciuti con una lente che ne amplia e ne corrobora ancor più il senso. Si percepisce, quindi, una bravura operativa, che fa dell’artista una delle maggiori protagoniste dell’arte contemporanea in Italia. L’eleganza l’avvicina a un’altra grande artista, qual è Clara Rezzuti, ma anche ad altre brave operatrici.

Questi ultimi arazzi sembrano far evaporare le figure e allontanarle da una gravità terrestre, da una trama e da un ordito di pesanti congetture orfiche, per donare con una levità scandita, quasi fraseggiata, leggerezze e sottigliezze e grazia di sentimenti. Un dispositivo disciplinatissimo è attuato e commisurato nelle varie elaborazioni. Un pregio emerge: ogni scena sembra conosciuta, ma è, fondamentalmente, inedita.

Certamente, la distribuzione figurativa viene declinata nel solco di un’esaltante armonia e le componenti gentili, dalle flessuosità corporee ai colori tenui, corroborano mediazioni grafico-segniche per spazi interstiziali minuti, ma, fortemente, icastici. Ci rendiamo conto che è, indubbiamente, impressa una movimentata segnaletica di forte creatività in cui è fluidificata una dinamica vettoriale e viene focalizzata una sa e misurata operosità artistica, anche con magistrali tagli e cuciture “ago e filo”.

Tutto ciò è risvolto interessante e dimostra una singolare e accattivante apertura esecutiva. L’artista entrando nell’anima della scena rende respiri di campiture e ambiti mitici ben articolati. Pulsazioni esistenziali, intriganti “fuochi” emotivi, piani leggendari e mitologici, impreviste e intraprendenti fisicità marcano un autorevole e potente slancio iconico. Tra assunti di paradigmi e distingui, ben precisi, rispondono dimensioni giuste di profilati vertici.

La sua identità artistica, di chiarissima fattura, si coniuga nella pittura d’ampio spettro con aliti e fiati figurativi, d’impalpabile impatto. Le sue progettazioni guadagnano un’evoluzione accuratissima e di versante concretamente figurativo, in cui appaiono regolatissime consonanze cromatiche, fronti equilibrati, scorciate visioni e segmenti di varie profondità luministiche.

Insomma, la natura accoglie, in parallelo, impulsi emotivi e psicologici, sintesi tra variegate difficoltà e “joie de vivre”, nonché relazioni e riporti tra materia e carattere, ricordi alterni e umori diversi tra memoria del passato, che ha la sua forte incidenza, e assicurazione del presente, in continua mutazione.

Emerge, quindi, l’assunzione di una felice e rapida figurazione, tutta trasportata come fosse una palpabile illusione temporale di caratura poetica con tratti, anche, appassionati, idilliaci, lirici, e sillabati dettati energetici, che regolano certezze di una dimensione umana, tutta da recuperare e da far rimbalzare su una linea eterna come sana e continua riforma dello spirito. In conclusione, anatomie atletiche, serpentinate emergono come radiazioni di civiltà.

Maurizio Vitiello