CopertinaCarma / BiografiaCarma / Note critiche
5 Agosto 2020 Redazione A&S 1668
Del Caos, dell'Amore
Se è vero che scrivere non è altro che tentativo di ordinare, sembra impossibile rimanere saldi alle intenzioni davanti all’inondante pittura di Carma, artista molisana che da anni si è imposta all’attenzione della critica. Le sue opere non sono fatte per assecondare definizioni, né tantomeno per assestarsi in uno stile sempre uguale a se stesso. Più semplicemente dispensano colori di una sensualità tangibile, facendo proprie le leggi dell’attrazione e fermando lo sguardo su cavilli lirici, a cominciare da quei segni arabeggianti che desiderano subito svelare il legame profondo con la cultura orientale. Questo si evince anche dalla ricorrente trattazione del gatto, animale sacro per molte civiltà, spesso dipinto accanto a figure femminili in cui è facile riconoscere autoritratti dell’artista, che sembra avvalersi della presenza felina come di un amuleto magico portafortuna.
È poi esplicito il riferimento alla religione induista, con la sua legge del Karma che prevede tutto il bene e il male come conseguenza delle azioni compiute in esistenze precedenti, La scelta di un nome d’arte dall’accezione così drammatica ci svela quell’incipit di sofferenza da cui prende vita l’esperienza artistica di questa pittrice. La violenza delle tinte con cui lavora e si confronta, lo slancio delle figure che si stagliano sulla tela come fosse impressionate un attimo prima di sfuggire allo sguardo e all’attenzione, non sono affatto esiti della casualità, sono piuttosto le uniche scelte possibili, letteralmente imposte dal vissuto dell’artista. Tuttavia Carma non si comporta come vittima del destino, anzi con sfrontatezza tiene testa a qualsivoglia antagonista ideale e lo fa con grande ironia, la stessa che le permette di cambiare quell’iniziale austera della parola “karma” e sostituirla in maniera molto femminile.
Il risultato è un’arte esplosiva in ogni espressione, dal dissacratorio ritratto del quotidiano ai voli in terreni onirici a dire il vero a lei molto cari,,fino a giocosi omaggi a persone e personaggi in collage di vago sapore dada. Si avverte forte la volontà di cimentarsi in qualsiasi tecnica abbia valore istintuale, nonché di darsi a quell’amore per la pennellata definitiva che contribuisce alla trattazione empatica delle scene. Molto presente, per esempio, una sottile linea erotica, che attraversa gran parte dei soggetti ed esplode in agili cosce variopinte in primo piano o in cavalli-guerrieri dalla fierezza sensuale. È in questo modo che nasce l’opera Il vento, il tempo e l’impetuoso desiderio umano, dove gli elementi più significativi della ricerca pittorica dell’autrice ci sono tutti e lo stesso titolo dà un assaggio del racconto epico presente nel quadro.
In definitiva Carma rifiuta di raccontare il peso di errori reconditi, e piuttosto si mostra disposta a pagare per tutta l’esuberanza a cui dichiara di non poter rinunciare. Questo vuol dire sentirsi più di una volta al di sopra delle righe, ma con vitalità e coraggio diventare orgogliosa di esserlo, farsene un vanto attraverso uno stile di impatto, un pittura che si può solo amare o odiare. L’artista riesce a innescare tutta una serie di riscatti progressivi che in ultima istanza la portano alla definitiva liberazione. E l’afflato liberatorio è l’ultimo elemento, quello che completa Carma, completando l’operazione artistica e dando allo spettatore un nuovo spirito: è soprattutto nei bianchi e negli azzurri che anche il sentimento di serenità trova il suo spazio, si fa capolino pian piano per riversarsi con decisione sulle scene rappresentate.
Il mondo caotico dei cromatismi decisi e dei sentimenti sofferti trova la sua risoluzione e perfino una ragione di esistere, quando improvvisamente sembra fin troppo facile riconoscere un fondo di leggerezza e troppo difficile negare la componente oppressiva.
Carma, un'esemplare coerenza stilistica pregna di emozionalità
Si è felicemente conclusa la mostra personale della pittrice Carma che ha avuto luogo nel suo atelier di via XXIV Maggio, 135 a Isernia, che attraverso venticinque opere ha coinvolto l'osservatore nella chiave di lettura con cui l'artista ha interpretato le suggestioni della realtà e della fantasia.
La prima percezione che si ricava alla vista di questi dipinti è di un movimento fluente e, vorremmo dire, vario nelle tematiche, dalle quali emerge l'interesse per il colore espressivo, puro ed a volte violento per la vigoria del gesto e del segno.
La sua pennellata armoniosa, nella compenetrazione delle forme, è utilizzata in modo istintivo ed irruento, esprimendo i riflessi delle sue idee e dei suoi stati d'animo. In quest'orientamento immaginativo si nota un inconfondibile limpido stile, fondato su una osservazione pittorica di forte tensione tra figurazione e astrazione (generi a volte in commistione metamorfosante all'interno dello stesso quadro), aspetti per Carma, di una medesima matrice condotta nell'orizzonte di una meditata compostezza.
L'artista segue costantemente i cambiamenti delle sue emozioni, sempre volta a rispecchiare se stessa nella natura e nei soggetti che dipinge. Da queste creazioni allegoriche si sprigiona un alone di mistero, ciò accade perché essa non vuole mostrare l'oggettività ma andare oltre sperimentando una serie di procedimenti utili per creare un clima meraviglioso al di fuori della normale logica delle cose.
È senz'altro opportuno registrare che la mostra è stata supportata da un catalogo con testo critico di Leo Strozzieri, che per l'occasione ha scritto: Privilegiata perché assai apprezzabile l'ispirazione con cui dà vita ai suoi pensieri e fantasie inquiete; predatrice perché, pur nella sostanziale originalità, è riuscita e riesce a costruire una propria identità non sul nulla culturale, ma sui sentieri linguistici del ‘900, a lei molto familiari, come il Futurismo, il Surrealismo, l'Espressionismo Astratto, la Pop Art e soprattutto la lezione informale. La sua vasta produzione cammina, cioè, - prosegue lo studioso - sempre lungo una corda tesa vuoi sul versante segnico che su quello materico, per non parlare della "vis" gestuale che è a fondamento del suo fare pittura, a tal punto che certe fluttuazioni appartengono all'area fauve, mentre i rumori di fondo sono quelli codificati dal Gruppo COBRA.
L'accurato saggio di Strozzieri ci ha offerto un giudizio analitico sull'opera pittorica di Carma che non esito a definire meritorio sia per gli argomenti di novità che contiene, sia perché ha contribuito a puntualizzare in modo più incisivo l'autenticità dei motivi ispiratori della pittrice molisana nei propri atteggiamenti stilistici e culturali. La mostra ha reso più schiette le ragioni che, lucide e suadenti, hanno spinto la pittrice a risultati evidenti sulle diverse componenti estetiche delle altre arti, laddove risente, sotto certi riguardi, dell'eco lontana degli audaci accostamenti pittorici studiati su maestri come Chagall, Matisse, Balla e Kandinskij.
Tali accostamenti, tuttavia, acquistano nella sua opera dei connotati senz'altro più organici e più pregnanti. Si può dire che se la pittrice ha subito l'influsso degli artisti sopra citati non lo fu in modo acritico, ma vi aderì con impulso originale. La proposta che nasce è, dunque, un messaggio dal mondo delle armonie, caratterizzato in impaginazioni geometriche che sintetizzano l'oggetto in nuove e compatte sintesi, dando loro allo stesso tempo caratteri di inventiva e valore costruttivo.
Ci sembrano queste le principali esperienze che le sue opere documentano. In questa fase Carma ritiene che le forme, in pittura, non devono essere ottenute con il disegno-contorno, ma unicamente con le vibrazioni e i contrasti di colore. Ed è pure significativo che l'elemento razionale nel suo lavoro sia contenuto nel plausibile repertorio di una rappresentazione approfondita nella scorrevolezza dell'attimo e dell'atmosfera. Da qui la eloquenza di queste opere che, rilucenti di un fuoco misterioso, evidenziano un fitto intrecciarsi di simboli, un dispiegarsi di incantate allusioni e, nel suo fondo, il serpeggiare di una inquietudine e di una malinconia contemplata.
Tra le opere esposte citiamo: "Nei solchi tracciati dal tempo", "Respiro nella fioca luce", "Bagliore cosmico", "Preghiera nel cielo rosso", "L'alba del nuovo pensiero", "Passeggiando nell'infinito", "Percorso astrale su cavallo rosso", "Malinconia delle stelle", "Il passo della vita" e "Il titolo non l'ho pensato". In esse sono estrinsecati i temi del suo estro risolti come combinazioni di forme essenziali, fermati con pochi tratti rapidi e decisi sopra un avvenimento, tesi ad evocare una sensazione spontanea o un ricordo mediante un linguaggio comunicativo e sorprendente.
Vi è tuttavia un "attimo" della sua pittura in cui la nitidezza lirica è del tutto stimolante in virtù di colori sorretti dagli accenti pastosi e squillanti di luminosità, ed in cui le gamme articolate ed irreali le consentono, però, di realizzare una completezza delle opere ancorata su intonati equilibri compositivi.
I quadri di Carma sono esempi di una netta formulazione, che, sulla rotazione del ritmo e nella imprevedibilità di un momento di totale libertà creativa trova inesauribile fonte d'ispirazione. Aggiungo che queste opere appaiono domate, talché la struttura dei dati naturali approda ad unità con una scansione ritmica rivelata da una raffinata ricerca tecnica. Da esse si origina un universo di guizzi timbrici in uno spazio organizzato nei rapporti cromatici esaltati e dinamicizzati dalla luce, che è per la pittrice una componente basilare atta a conferire alla realtà la magia di un sogno.
Indubbiamente, le impressioni dei soggetti emblematici e la saldezza della visione, pur nella soppressione del modellato a tondo e del chiaroscuro tradizionali, sono i traguardi a cui è pervenuta Carma. È questo costante impegno che fa incontrare e coincidere nella pittura antico e moderno, quale espressione di una inclinazione che si affida tutta a una esasperata sensibilità e ad una folgorante intuizione poetica. Tra creatività ed espressività l'artista si colloca così senza equivoci sulla scena artistica dell'arte contemporanea.
Carma o della follia cromatica
Ad una prima, esteriore occhiata alle numerosissime opere che affollano con autorevolezza visiva l’ampio studio di Carma in pieno centro di Isernia, ci si potrà rendere conto del perché si possa definire artista privilegiata e predatrice. Privilegiata perché assai apprezzabile l’ispirazione con cui dà vita ai suoi pensieri e fantasie inquiete; predatrice perché, pur nella sostanziale originalità è riuscita e riesce a costruire una propria identità non sul nulla culturale, ma sui sentieri linguistici del ‘900, a lei molto familiari, come il Futurismo, il Surrealismo, l’Espressionismo Astratto, la Pop Art e soprattutto la lezione informale.
Talvolta la critica esita a parlar bene di una pittrice, a meno che non abbia già un ruolo consolidato nella storia dell’arte. Nel caso di Carma è doveroso esprimersi in termini lusinghieri, per la frontalità del vigore insito nella sua pittura, vigore con cui sfalda ed al tempo stesso ripropone l’immagine e parimenti esalta i valori strutturali dello spazio.
La sua vasta produzione cammina sempre lungo una corda tesa vuoi sul versante segnico, che su quello materico, per non parlare della ‘vis’ gestuale che è a fondamento del suo fare pittura, a tal punto che certe fluttuazioni appartengono all’area fauve, mentre i rumori di fondo sono quelli codificati dal ‘gruppo COBRA’.
Carma ha elaborato un metodo per far scivolare la forza della sua personalità nel colore e nel segno: è il metodo della pennellata rapida e violenta, senza ripensamenti, di istintuale oggettività. Ne derivano opere mai percorse da sentimentalismo romantico, anche quando il tema indurrebbe a questo.
In sostanza una pittura, la sua, possente e neofuturista in cui vengono selezionati temi quotidiani trattati in modo dissacratorio e per nulla veristico: eccoci allora apparire come fantasmi in mezzo al magma cromatico figure, animali, fiori, paesaggi, autoritratti e tante altre realtà intensamente sognate dall’artista. La violenza sulle forme anatomiche spesso è notevole, e lo sfaldamento dell’immagine trova il suo medium pittorico nella violenza timbrica di un colore corposo fino alla tattilità e gettato sulla superficie con fare espressionistico.
Nell’ottica della sua cultura, la pittura ed in genere ogni forma d’arte deve fornire forti emozioni più che tendere alla somiglianza con il vero: queste emozioni deve avvertirle innanzi tutto l’artista coinvolta oltre ogni dire dal soggetto trattato; successivamente dovranno riversarsi sullo spettatore che di fronte alle architetture della follia cromatica rimarrà stupefatto. L’ostinazione del turbine di colori, riesce con molta evidenza a lumeggiare l’intima personalità dell’artista molisana, a cui si dovrà attribuire una connotazione utopica. Questo perché Carma tende ad ipotizzare un mondo tormentato dl benessere della libertà e dell’anarchia. È il suo mondo pittorico, quindi il suo sogno che, finché rimane entro il perimetro estetico, può dirsi possibile, ma che altrimenti diviene utopico.
Lei non lascia intravedere nulla se non questa utopia nella sua pittura, piena di fascino in virtù proprio di questi sogni assurdi di libertà somma. La solidità della sua formazione classica la spinge a dare un peso ideologico ai suoi pensieri espressi in pittura: il tutto in un tangibile impatto psicoanalitico ove trova completezza il sentimento ludico. Il che vuol dire che la brava artista molisana, sostanzialmente, è propensa a guardare con occhio infantile e distaccato la realtà circostante che le serve di ispirazione. Maggiore tempestività viene posta nel raccogliere certe percezioni che orientino le sue opere verso composizioni gioiose senza dover rintracciare ad ogni costo un patrimonio di pensiero troppo serio. In questo modo risulta agevole anche per lo spettatore una fruizione stimolante dell’opera, quasi fosse un nuovo mondo da scoprire.
Nel glossario artistico ricorrente, si potrebbe dire che Carma faccia parte dei ‘Nuovi Selvaggi’, che sempre giurano fedeltà almeno ideologica all’intolleranza. La sua pittura sottintende diverse forme di intolleranza ai canoni classici della composizione o alla giustapposizione armoniosa dei colori. È pacifico come le terminologie da lei usate siano una magnifica apologia della visione anarchica della vita: un’anarchia che si identifica con la fantasia e l’abolizione sistematica della concretezza, che è repressiva di ogni forma di creatività. Ciò comporta un ampliamento di orizzonti verso forme talvolta surreali che potrebbero risultare imbarazzanti per un lettore poco agile di mente. In altre parole la pittura di Carma sembra perdersi, oltre le convenzioni, nel grande mare della leggerezza fantastica e non occorre che i suoi soggetti siano passati agli onori della cronaca, in quanto sono soggetti (ad esempio un gatto o un cavallo o il volto di una fanciulla) estremamente semplici che però subiscono la furia non moderata della sua fantasia in grado di trasformare il tutto in versione ludica e quindi irreale.
Tele come pagine di un libro da sfogliare alla ricerca del tragitto della crescita di un’artista; è questa l’impressione che colpisce chi entra nello studio di Carma; dai primi quadri, dove la sperimentazione è evidente, alle tele dove l’espressione rivela gli stati d’animo. Il colore è padrone, filo conduttore che lega tutta la produzione di Carma, colori forti, violenti, che si avvicendano nei toni solari (il giallo) o nei toni più scuri (il blu e le sue gradazioni) nei paesaggi che in vent’anni hanno visti maturare la linea artistica della pittrice.
Un percorso creativo che parte dall’avvicinarsi timidamente all’espressione pittorica per arrivare alla consapevolezza della ricerca che porta oltre il velo del mistero, al di là della realtà in un momento creativo immediato, atto di energia dove il gesto è forza, è vitalità. Una maniera di dipingere come “una folgorazione”, così definisce la pittrice il suo modo di esprimersi sulla tela, quando il legame tra quello che realizza e il suo mondo interiore diventa tutt’uno: Dipingo il colore che c’è in me.
Nei quadri di Carma vivono figure ricorrenti come simboli o segni che insegue e ripete a sé stessa “per poter sapere dipingo”: la maternità, il guerriero, le ruote, l’uomo e la donna, e, nell’ultimo periodo creativo, il cavallo.
Cavalli fantasiosi, dai colori e dalle linee incredibilmente tratteggiati, puro simbolo di forza, di energia per riappropriarsi della possibilità di reggere le briglie della vita, ma soprattutto per spaziare in orizzonti lontani e raggiungere mete diverse: Sento lo scalpitare del cavallo che solca l’infinito.
La tecnica usata da Carma che contraddistingue le sue creazioni, spatola e massa di colore, usati in maniera istintiva con gesti frenetici e movimenti vorticosi, quasi una corsa espressiva dove anima e fisico sono coinvolti profondamente. Su alcune tele la pittrice ha scritto frasi, traduzione della voce che accompagna la creazione che è sempre libera espressione, notevole la capacità fantastica di far vedere mondi invisibili e sfuggenti.
La pittrice che vive un momento di intensa ricerca espressiva e di grande vitalità interiore, si affida molto all’istinto: È tutto una corsa, è tutto un movimento dove la luce vuole emergere, quando mi avvicino al colore chiaro, e dove la ricerca nei colori più scuri è scavare, lavorare e costruire.
Come il giorno si alterna alla notte, il dolore alla gioia, così i colori solari e quelli più cupi si intrecciano nella opere di Carma per esprimere il grande gioco della vita.
Maria Rossi, 1997
Le creazioni pittoriche di Carma si impongono con delicata forza emotiva e con tratti e gesti che hanno del visibile chiaramente originale. Non sono pochi i critici che si sono interessati emettendo giudizi coerenti e sereni; e molte sono le mostre (regionali e nazionali) che hanno richiamato un’alta e qualificata affluenza di pubblico. Si aggiunga che può vantare numerosi premi e segnalazioni.
Da parte nostra annotiamo che nel suo mondo figurativo a periodi velati di malinconia succedono, quasi per magia, giorni in cui l’animo della pittrice esplode una gioiosità di vita che investe quanto cade sotto la sua visione. La tristezza e il dolore (che pure hanno consistenza non inessenziale nella sua produzione) vengono, almeno provvisoriamente, respinti all’interno delle forme-figure (uomini e cose), mentre le loro superfici si accendono in un’allegra danza di luce che diviene i colori prediletti dalla pittrice: il rosso e il giallo; il verde e l’azzurro, il viola e il rosa… Si ha così un’equazione interscambiabile ricca di movimento e di vita: la luce si trasforma in colori e i colori diventano luce, dando all’opera una vibrante tensione di tempi e di spazi. Sono questi i momenti creativi in cui il tema dell’amore prevale con un vigoroso impulso a salire, a sublimare lo sguardo dell’autrice verso l’alto, verso la fonte della luce naturale: il cielo. Non a caso il suo occhio estasiato si è fermato più volte sui fiori che seguono con la loro corolla il tragitto diurno del sole (portami il girasole impazzito di luce, canta Eugenio Montale in una della sue più belle liriche).
Comunque il suo linguaggio cromatico-figurativo nasce sempre e si sviluppa in un intenso partecipato dialogo dell’io (soggetto-autrice) con il tu (l’altro, l’oggetto, sociale e paesaggistico). Tale discorso lascia dei segni visibili nell’opera realizzata che, a ben vedere, ha sempre un punto centrale dal quale si espandono la luce e il sentimento perdendosi nei margini estremi del quadro. In un simile gioco compositivo di forme, linee colori trova il suo profondo respiro il dato memoriale che riporta nell’animo della pittrice le immagini verginali e i fatti aurorali osservati e vissuti nel mondo agricolo in cui Carma ebbe la sorte di trascorrere gli anni lieti e fertili dell’infanzia.
Chiudendo questa breve nota noi ci sentiamo di affermare che, in una tecnica e in uno stile ormai esclusivamente suoi, i due sentimenti (temi-componenti) più propri della nostra pittrice sono l’amore e il dolore: il primo le offre momenti di gioiosità che dagli spessori fisici, dai palpiti del sangue salgono fino alle aeree leggerezze del fantastico e del sogno, mentre il secondo le fa comprendere le dure leggi della vita e la lega alla sofferenza esistenziale.
Tratto da "Letture anno 1993"
(Ediz. Il Ponte Italo-Americano New York)
Vincenzo Rossi, 1993
L’arte nella soggettività di Carma rovescia la prospettiva del passato e attesta nel travaglio temporale la sua volontà delusa dai paradigmi che l’hanno impressionata e si rivolge alla contemplazione dell’idea artistica per guadagnare una felicità che riesce ad appagarla con il discorso della propria favola ebbra di colori. La pittura così accesa viene così considerata come un modo personale di esplicare se stessa e diviene legame con il reale arcano, con il mistero cosmico recuperato tramite il linguaggio tutt’altro che placato, ma tormentato ed inquietante nella tessitura cromatica tra un naturalismo di base ed il senso dell’astrazione.
La sua poetica si avvale quindi di una gamma di colori forti e chiassosi che trasporta in ogni suo quadro movimento e vitalità tali da avvincere la realtà per il sapore di fabulazione in un intrico di accensioni e di accordanze suggerite da un temperato surrealismo. Alla singola figura o alla coppia o alla maternità campeggiante che appare come bloccata nell’isolamento che fa da contrappeso dialettico un gettito di estroso impeto per tinte che guizzano via generosamente effervescenti. Conferisce in tal modo alle sue opere qualcosa di irreale pertinente a lei, senza farsi condizionare del tutto dalle esperienze altrui.
Questa specifica atmosfera ricca e giovanile avvolge il centro focale delle composizioni cristallizzate in un involucro esplosivi di abbandoni coloristici nella gioiosa facoltà della sua ottica. Se la carica della guerra come calamità che l’uomo subisce e affronta è amara protesta di accorata meditazione , la festose immagini di un particolare della natura esprimono espansione e intensità nate dal cuore sensibile di una donna e trascritte di getto.
Salvatore Moffa, 1991
La necessita dell’essere umano di esprimersi per segni e immagini è inalienabile e ciò ha origine fin dai primi momenti della vita dell’uomo sulla terra. Il segno immagine è sicuramente un tramite, il più completo e immediato, per comunicare. Si capisce così come in questo nostro tempo i mezzi di informazione di massa si sentono incompleti e insoddisfacenti, tanto che spesso ci si rivolge ai segni della pittura, più ricchi di emozioni e di significati profondi, inconsci, totali, espressi oltretutto con un po’ di colore e poco inchiostro.
La pittrice Carma ha indubbiamente necessità di esprimersi, vuole conoscersi e comunicare e vuole comunicare non solo ciò che sa e che conosce, ma anche ciò che non sa e non conosce, è per questo che dipinge. Si spiega così la sua spontaneità, anzi più precisamente , la sua istintualità la quale, per sua natura, non può essere frenata dalla riflessione e coscienza di ciò che conosce. Forse la volontà agisce solo nella scelta dei colori, quasi sempre primari e complementari, e nella scelta del soggetto, mentre il “come” dipinge è affidato al suo semplice e diretto istinto, al suo nervoso e fragile movimento della mano che scorre veloce e a scatti brevi sulla tela sempre mossa dal uno slancio di sentimento poetico del colore. L’unità è raggiunta dal movimento corsivo del pennello tanto che, appena sfiora la superficie della tela, l’immagine si forma con libera e caratteriale visione.
Questo delicato e precario modo di operare, rende necessario una costante attenzione al fare , all’azione, perché ogni freno può rischiare smagliature nel tessuto continuo della plasticità luminosa della superficie pittorica del quadro, così importante per Carma.
Ma ciò che più sorprende nella pittura di Carma è di aver ridotto il suo linguaggio pittorico al solo ed unico mezzo del “colore-segno”, come fosse una scrittura. Non c’è, in questo modo di dipingere, distinzione tra disegno e colore, ma una semplificazione felice dell’unità dei due mezzi. Ciò permette non solo la brevità e la sintesi nel rendere l’immagine poetica , ma di risolvere l’armonia del quadro con un’unica visione d’insieme, così affine alla sua personalità.
Achille Pace, 1989
Una “felicità” descrittiva che non esclude componenti e messaggi di sorgente intellettuale, sembra costituire l’elemento primario della produzione artistica di Carma, autrice che vive un momento di febbrile impegno, proteso alla ricerca di una individualità in prorompente evoluzione.
L’immediata decrittazione in chiave puramente paesaggistica, e di visività impressionistica decurta il complesso dei significati presenti nel linguaggio caldo e arioso di questa pittrice, vibrante solare, che comunque non si esaurisce nella commozione cromatica e nella comunicazione di un intimo esclusivo piacere della rappresentatività.
È vero che esiste questo slancio creativo di fondo, una quasi libidine della percezione, un delirio del colore, una vertigine di sensazioni oculari, trasmessi freneticamente e voluttuosamente sulla tela, ma è pur vero che nel tessuto pittorico emergono “intenzioni”, segnali, “voci” che una lettura non svagata può decifrare con un certo grado di approssimazione. Sono segnali latenti, appena allusi, o apertamente significati, che ci riportano alla necessaria riflessione sul loro campo di emittenza-psicologico, etnico ed etico, sociale e culturale, i segnali sono quelli di una donna, Carma, che tenta di ricostruire se stessa, la propria infanzia, i luoghi della memoria, le immagini di un tempo perduto, e di riconoscersi nel suo ruolo presente in una presente realtà, con destini alla redenzione o dannazione, di fuga o di impegno, di evasione o di lotta in fondo l’attività artistica, se autentica, in qualunque clima e a qualunque grado ha questa funzione di dimensionamento dell’essere, di “riconoscimento” di sé stessi, a volte impulsivo e primitivo, ora riflesso e studiato.
Queste note sono appunto individuabili nella tavolozza di Carma, fluida e vorticosa, prodotta dalla pulsione/passione e da uni studiato tecnicismo che reimpasta e reinventa modi, stili, linguaggi già collaudati fondendoli e assoggettandoli ad una ispirazione variamente motivata, il primitivismo naìve, la vibratilità vangoghiana, la levità orientale, la gioia impressionistica del colore sono stati assimilati e omologati a tradurre sulla tela un lirismo tutto femminile, luminoso e sonoro, che si concentra costantemente su simboli ricorrenti, figure della coscienza, o dell’inconscio, che si accampano in una realtà proiettata sovente nella dimensione del fantastico, del fiabesco infantile, sono lievi ed eleganti cappelli ad esempio, sospesi in paesaggi inondati di luce, di fiori, di immagini trasognate, allegoriche, certo, allusive ad uno “stile”, ad “una forma” della femminilità fuori tempo, fuori della storia, romantica, e perciò esiliata all’imbarbarimento dei costumi e delle culture di massa.
In questo universo di Carma che ha comunque come punto centrale di riferimento l’idea della donna-natura-amore, ma senza istigazione di carattere femminile è intuibile un movimento analogico, un concerto sinestetico, in cui la specificità della pittura si dilata appropriandosi di altri linguaggi, come fossero i ritmi della danza e suoni della musica, la leggerezza delle parole.
In sostanza, se l’arte s’intende come complessa combinazione di motivi ispiratori (ludus puramente formale, rito esorcistico, cattura della memoria, ricostruzione del passato e presente, respiro lirico) credo che Carma sia su questo sentiero, di ricerca e autochiarificazione, un sentiero fatto di soli ma anche si sassi e rovi, il cui percorso va consumato senza affanni e senza ansie, senza fretta.
G.B. Faralli, 1989
La prima riflessione che ci pone la pittura di Carma è quella di verificare se detta pittura rappresenti un esempio di antitesi, di alternativa nei confronti degli ultimi modelli figurali e, nel caso affermativo in che modo si debba caratterizzare e definire questa posizione. Infatti, il materiale pittorico di Carma, non è costituito solo dagli strumenti di lavoro, ma da una complessa scala di rapporti storici con l’arte del passato.
Ci sembra questo il dato da chiarire poiché è evidente che questa pittura entra in dialogo con una incarnazione vivente di tutta la storia dell’Arte. A nostro parere nessuna alternativa conflittuale è in atto con le poetiche oltranziste o con i revivals stagionali (la felice memoria), ma solo un modo nuovo di vedere e sentire gli Effluvi della Natura.
Una pittura consapevole della propria essenza, focalizzata sull’esistente travaglio morfologico che spinge l’autrice verso immaginazioni liriche mai banali o illustrative. È una creazione autonoma ricca di una luce intensa che coinvolge forme e dettagli mai descrittivi. Una operazione prevalentemente luministica che spontaneamente orienta la Carma verso un riscontro figurale alla riscoperta di enormi possibilità espressive di una pratica antica come la “Pittura”.
In un momento in cui la crisi di progettualità elimina la previsione del futuro e spinge gli artisti ad impeti lancinanti di partecipazione umana, i nuovi modi di intervento in Arte costituiscono veri momenti di avanzamento nella ricerca espressiva delle arti visive. Quella pratica dell’Arte è vissuta dall’autrice come luogo privilegiato di una esperienza soggettiva che attraversa gli spessori della materia e orienta i procedimenti costruttivi verso la realizzazione di mitologie personali e di piccoli mondi che vivono sotto il segno della fabulazione.
Si tratta di declinazioni formali connotati più o meno in senso iconico, in cui ritornano la figura umana e il paesaggio accanto a forme emblematiche, allusive o simboliche che rivisitano temi e figure mitiche con un accento che insiste sempre sul soggetto, sulle esperienze personali, sui desideri consci ed inconsci.
Alla base coscienziale dell’autrice è matura una ideologia naturistica non rarefatta o scenografica, ma soltanto natura vitalistica governata da una simbiosi di significati e di appunti puramente poetici. Quindi una sana operazione lirica nella quale, al gioco di una progredita tecnologia, si unisce la sofferta interpretazione storica dell’arte pittorica. Questo ritorno alla pittura storica può indicarci la necessita di produrre uno sforzo creativo per inventare qualcosa di vivente in un campo che rischia di perdere definitivamente ogni contatto vivo con il passato senza trovare vie nuove di espressione.
È con questi intendimenti che Carma si libera della realtà giornaliera e dalla servitù della cose materiali per inverare sulla tela quelle specifiche e sintetiche rivelazioni della natura e della vita.
Carma da questa terra molisana trae l’amore per il rigoroso disegno, per la decisa volontà di non eludere la realtà luminosa dei suoi paesaggi, per un vibrante canto di luce. Ecco perché il suo colore si avventa sulla tela con impeto fragoroso, con una fresca polifonia, con una sensuale potenza energetica che essa non può e non deve ammansire poiché è proprio questo luminosissimo colore a tradurre lo smagliante messaggio della natura.
Hugo Orlando, 1988