Alessandro Del Gaudio / Note critiche

2 Febbraio 2021 Redazione A&S 986

NELLA FOTO: NELLA FOTO – ANGELO PAGLIARO – ALESSANDRO DEL GAUDIO – VITTORIO DI TOMMASO – FOTO DI ROBERTO PAGLIARO.

TESTO CRITICO #1
(a cura di Massimo Sgroi)

Esiste un'arte che consuma l'immagine per trasformarla, adattarla e renderla funzionale al canone della bellezza, quasi reinventando i parametri dell'estetica rendendoli funzionali a quello che è il vivere contemporaneo. L'artista si muove e lavora sulla linea di confine che si sposta ogni giorno verso la mutazione esponenziale della vita; egli ne legge l'elemento più marcatamente visuale per restituirlo, attraverso l'aspetto seduttivo dell'opera, più che alla concettualità fine a se stessa, all'osservatore. Alessandro Del Gaudio attrae lo spettatore, attraverso un gioco di rimando, verso la simulazione del reale; nella sua opera non si sottrae alla oscillazione del dualismo platonico del pensiero, anzi, gioca con il rapporto fra il reale ed il più del reale avendo compreso, fra i pochi in Italia, dell'indistinguibilità fra i vari livelli della realtà percettiva. Come in Borges rappresenta i brandelli del territorio della mente sulla superficie della tela, come accade, fra l'altro, con le parti della realtà vaganti in un immenso territorio virtuale. L'ossessione della rappresentazione scenica è in Del Gaudio venata dalle proprie soggettività mnemoniche. L'opera di Alessandro Del Gaudio è icona assoluta di una generazione cresciuta con la possibilità di possedere un'auto, di viaggiare con un aereo, di emigrare al nord con un treno; è la generazione che non sogna il movimento, lo vive. Al contrario di molti artisti che hanno iniziato con la pop-art (che per un artista molto più concettuale di quanto possa apparire, ha assunto l'aspetto iconico di veicoli che sostituiscono la forma dell'umano) per Del Gaudio non si può dire che esista il nulla nel cuore dell'immagine. Troppo forte il suo rapporto con il quotidiano e con le immagini che esso ci trasmette. Egli è solo superficialmente seriale; e se l'uso delle sagome per disegnare ossessivamente gli aerei, le auto ed i treni che si agitano in un mare colorato, come metafora assoluta della vita, possono far pensare ad una ripetizione indefinita oggettuale, è il contesto che assume il sublime potere dell'unicità dell'opera. Alessandro Del Gaudio demistifica se stesso concedendosi una negligenza luminosa senza alcuna motivazione apparente, ma sacrificando, in realtà, il suo proprio lavoro sull'altare dell'immagine assoluta, talmente estetica da non aver neppure più bisogno della materialità dell'opera. Una follia dell'immaginario che rasenta la perfezione e la propria perdita all'interno dell'opera. L'artista casertano ha capito che la realtà intrinseca del mondo è strettamente legata all'illusione e che, anzi, è questa realtà stessa ad esserlo. Questa fascinazione del processo di sublimazione e di questa illusione si trova nella sua arte, dove la forma estetica finisce per essere il simulacro stesso di questa rappresentazione della vita. In questo punto si trova la grande contemporaneità dell'artista; in un mondo che fugge precipitosamente verso la simulazione assoluta, verso quel Delitto Perfetto, per usare una espressione di Baudrillard, egli ha capito perfettamente quanto la rappresentazione sarebbe diventata più reale della realtà in sé, modificando per sempre la percezione stessa della vita fino a riparametrare assolutamente il paradigma dell'esistenza dell'umano del terzo millennio. L'arte, allora, consuma l'immagine, la divora per adattarla e piegarla al volere artistico che presuppone un accadimento; essa reinventa i parametri dell'estetica per creare la nuova valenza visionaria della contemporaneità; essa diventa talmente funzionale alla stessa vita finendo per incidere nel nostro modo di guardare le cose molto più di quanto noi stessi riusciamo a percepire. Alessandro Del Gaudio appartiene al mondo attraverso la sua opera molto più di quanto egli stesso è in grado di prevedere, poiché, in fondo al rettilineo del suo pensiero artistico, ciò che passa attraverso le sue opere prescinde addirittura dal vero e dal falso. Il concetto ermeneutico del lavoro di Del Gaudio è che, sotto l'equilibrio sacrificale dell'immagine, si assiste alla definitiva disgregazione della storia. Le sagome sono solo pallidi simulacri dell'idea assoluta, per ritornare al mito platonico, che realizzano solo l'illusione dell'accadere; tutto è, in realtà già scritto. Il processo di svuotamento che crea la demistificazione dell'immagine è, in Alessandro Del Gaudio, un concetto irreversibile che conferisce ai suoi simulacri lo status di virus mutogeni della realtà stessa. Il progetto di vita, come quello dell'arte è in Del Gaudio malinconico, perturbante, mai banale o superficiale, come se la drammaticità dell'esistenza, fatta di carne, nervi e sangue fosse sublimata nel monotono ritmare della figura, il corpo perde, alla fine, la sua ombra per divenire,attraverso una metamorfosi iconica, straniero a se stesso.


TESTO CRITICO #2
(a cura di Tiziana Petrillo)

Alessandro Del Gaudio rappresenta i rapporti umani attraverso una figurazione che ricorda il concetto di leggerezza di Calvino; Caserta non è descritta in maniera superficiale è, piuttosto, la città capace di sfuggire alle difficoltà del mondo contemporaneo rinascendo, sempre, dai suoi valori più semplici e profondi. Proprio per questo fare politica è, per noi, inseguire e realizzare il sogno della bellezza per la Caserta che amiamo.


TESTO CRITICO #3
(a cura di Maurizio Vitiello)

Le narrazioni fabulistiche e vitali di Alessandro Del Gaudio
Alessandro Del Gaudio
è nato a San Prisco (CE) il 4 Maggio 1953; si è formato presso l'Accademia delle Belle Arti di Napoli, conseguendo, poi, il diploma di pittura. Ha scelto Verona come città d'adozione, dove ha insegnato con passione Discipline Pittoriche, presso l'istituto Statale d'Arte e il Liceo Artistico. Ora è rientrato a Caserta e, per la prima volta, espone all'Arte/Studio-Gallery di Benevento, vicino all'Arco di Traiano, dopo un lungo giro di personali, collettive e rassegne in tutt'Italia. La sua inesauribile ironia è la base di ogni sua composizione. L'ispirazione gli viene offerta dalla realtà che incontra la sua fantasia, sempre attenta, accorta e spumeggiante. La tecnica, quasi sempre, è l'acquerello, che gli permette di esprimere con immediatezza anche le più piccole emozioni. Anche i suoi ultimi acquerelli, accattivanti e freschi, su carte francesi e Fabriano ci offrono una frontiera di visioni impaginate a raccogliere e a sostanziare narrazioni, lucide e divertenti, in cui circola un'alta dose di ironica satira. Aeroplanini, macchinette, trombe, automobiline, palazzetti, barchette, bandierine, cavallucci, chitarre, e etc... in fila o in continuo soprassalto si stendono pacifici in morbidi contesti e tutto s'indirizza a diventare un'ennesima lux in fabula, ma così non è. Con segni aggraziati e distinti delinea il campo in visioni volutamente grafiche, perché si dimensionino, in un gioco di emozioni, colori sereni attivati da ritmi intriganti, intercalati da raffinate vibrazioni. I tratti convintamente leggeri, confortati da delicatissime sovrapposizioni cromatiche riescono a dimensionare composizioni e configurazioni allegre, sorridenti, ilari nel solco, smitizzante, di rifondare la nostra civiltà. Quasi sembrano scivolare sulla carta e prendere corpo incredibili congetture visive, che rimandano a disegni di ipotetici bambini, molto sereni e lieti, allevati da famiglie sagge e pulite.