Lucio Monaco / Note critiche

14 Febbraio 2022 Redazione A&S 724

NELLA FOTO: MONACO CRITICA.

NOTA CRITICA #1
(a cura di Nicolino Farina)

Le opere di Lucio Monaco sono un percorso silente dove suggestioni, riferimenti, accostamenti non sono pochi, ma si affidano allo sguardo, alla memoria, alla cultura e all’immaginazione dell’osservatore. Nei suoi lavori utilizza varie forme artistiche che vanno dal collage alla pittura, passando dalla fotografia. Le espressioni figurative e il concetto artistico di Lucio Monaco, indubbiamente sono ispirati alla Pop Art, come se a indicargli la strada maestra fossero Andy Warhol, Richard Hamilton e ancora Gerald Laing, Robert Rauschenberg, James Rosequist. Le sue, però, sono interpretazioni personali che evocano viaggi e racconti con cui ognuno puo confrontarsi e riconoscerne le simbologie. I suoi quadri sembrano influenzati dal riverbero di quell’ambiente artistico romano dei primi anni sessanta del Novecento, promosso da critici e galleristi che candeggiavano la nuova avanguardia impegnata. Allora nella capitale si esponevano opere concepite per porre attenzione all’ambiente urbano e alle immagini della realtà contemporanea. Gil artisti che ruotavano intorno a questa idea artistica, come Franco Angeli, Tano Festa, Giosetta Fioroni, Mario Schifani, furono definiti discepoli della Pop Art americana, conosciuta in Italia grazie soprattutto alla Biennale di Venezia del 1964. I lavori di Lucio Monaco, infatti, sono dei progetti che investigano il collegamento tra arte e società. Le sue opere propongono campi e spazi mentali che si rincorrono nella vita quotidiana in un mix di analisi, ricerca e intuizione. Sono figurazioni capaci di creare atmosfere alla stregua di un componimento poetico, letterario, recitativo o musicale, cosi come un passo di danza, perché l’artista sa trasferire nella composizione del lavoro la sua emotività e interiorità. Con una mescolanza d’insiemi, grafiche, fotografie, manifesti, riviste, disegni e pittura, prendono parte attiva alla composizione idealizzata dall’artista moscianese. I suoi quadri, nella successione di esposizione, diventano così come grani di una collana, un racconto, un “fil rouge” che narra un itinerario del vivere contemporaneo intriso di figure, argomenti e oggetti spesso fuori dal tempo se pur confinati in un epoca o in un periodo storico. Un viaggio pieno di cultura, ricordi, speranza. Spesso l’artista sembra cercare un qualcosa dall’apparenza lieve, un’apparenza di leggerezza che suggerisce una dissolvenza capace di fermare “l’attimo fuggente” di un’emozione, di un sentimento, di un’idea. Mira a creare una sensazione di fisicità compositiva, intesa a immobilizzare ciò che si desidera fermare di un archetipo, di un avvenimento, di un ricordo esaltando il concetto proprio di “carpe diem”. Il suo percorso artistico si sviluppa in una prospettiva di tempo attraverso un percorso unitario e coerente. Al di là delle varie tecniche, dei materiali, dei modelli ispirativi e dei temi, si può rintracciare nel suo linguaggio figurativo la leggerezza di fissare una particolarità o singolarità dell’elemento cercato e da far conoscere. L’arte in Lucio Monaco è una vocazione spontanea e incoercibile, coltivata nel solco della tradizione figurativa della Pop Art ma interpretata in modo originale e personale, con intrecci e manipolazioni che portano a momenti creativi di forte impatto espressivo.


NOTA CRITICA #2
(a cura di Bruno Paglialonga)

L’abruzzese Lucio Monaco, moscianese del Teramano, ormai ben inserito nel panorama dell’Arte visuale attuale, è uno schietto affabulatore sociale, spontaneo e sciolto traduttore, mediante i mezzi e gli strumenti tipici del pittore, dei sogni aspirazioni e denunce sia propri che dell’uomo contemporaneo. Egli ama rappresentare immaginifici racconti brevi, testi narrativi fulminanti, talora venati d’ironia o di bonaria morale, tramati quasi come “rebus-sciarade“. Le sue sono apprezzabili costruzioni complesse, articolate in brandelli figurativi, “inserti”, lacerti discontinui oppure accostati o sovrapposti, lacune e reintegri eclettici. Il pittore si tipizza in singolare “cifra”: policromie vivide e caleidoscopiche eccitanti visivamente, collages e décollages, hand writings su basi per lo più cartacee o eterogenee. L’attenzione che Lucio Monaco di frequente presta alle problematiche della società opulenta e consumistica, e il modus operandi con cui si esprime, potrebbero evocare parziali aspetti del Nouveau Realisme, del Neo Dada, della Popular Art di memoria novecentesca. Ma nelle sue narrazioni si debbono cogliere, in più, slanci emotivi, accenti sentimentali (Amore caro…amore bello, 2016; Amore senza misura, 2018), motivi di affetti, rimandi ai miti che egli adora, a quelli del cinema, del teatro, dello spettacolo (John Lennon, Marylin Monroe, Sophia Loren, Lucio Battisti, Ivan Graziani ecc.), delle fantastiche vite degli “eroi” del coloratissimo cosmo del fumetto (Diabolik); anche meditazioni su eventi drammatici (L’Aquila, ora 3.32, il terremoto; Paolo Borsellino, 2014).


NOTA CRITICA #3
(a cura di Duccio Trombadori)

Figlia di una modellistica pop la predilezione estetica di Lucio Monaco è però essenzialmente diretta verso il reagente con il suo immaginario ‘preso dalla strada’, sembra freddo prelievo, è però essenzialmente diretta verso il reagente cromatico della pittura. Nulla, ad osservare alla strada, sembra freddo prelievo, nettamente separato dal moto sentimentale che mente e mano fanno irrompere sulla superficie con il gesto dello strappo (sempre misurato sul piano della sensibilità) o con il mastice di vernici collocate a copertura, o col modellato dei contorni per sottolineare e fare emergere ad effetto i tratti formalmente significanti. Il gran teatro messo in scena da Lucio ricama attorno agl’idoli della tribù: la sua drammaturgia visiva è un luogo ideale dove si scambio i ruoli e personaggi dall’eros e giungono alle soglie di domande radicali sul senso dell’essere e dell’apparire... Il fondo della carta incollata con tinta scarlatta, la tela sfrangiata, il getto di vernice bianca e il volto di fanciulla disegnato a matita, con occhio palpitante, ci guardano ancora come segno di un interrogativo lasciato senza risposta: ed e proprio questa voluta ambiguità di composizione che riassume tutta una ‘maniera di vedere’, ingaggiata in un tenace corpo a corpo con gli stereotipi del nostro tempo per dare forma compiuta alla propria inquietudine e per placare l’ansia testimoniale della comunicazione. Non a caso è proprio la metafora del diario in pubblico quella che distingue meglio l’immaginario di Lucio Monaco nonché la espressione e l’accento armonico del suo stile.