Una conversazione con Franca Lanni: viaggio visionario nell’inconscio tra realtà e virtualità

27 Gennaio 2022 Redazione A&S 4371

NELLA FOTO: FRANCA LANNI ACCANTO AD UNA SUA OPERA.

Pittrice, digital-artist, performer, scenografa cinematografica, Franca Lanni può essere sicuramente definita una artista a trecentosessanta gradi: dal 1970 si interessa per otto anni di arte nel sociale, successivamente, dal 1999, la sua ricerca artistica si sposta verso la manipolazione tramite computer delle sue stesse opere pittoriche e/o fotografiche. La redazione di Arte & Società ha voluto porgere alcune domande alla valida artista perugina al fine di comprendere meglio la sua poetica pittorica.


INTERVISTA A FRANCA LANNI
a cura del sociologo e giornalista Ivan Guidone


Quando e, soprattutto, perché ha iniziato a fare pittura?

È stato quando avevo quindici anni che – nello studio di mio zio Raffaele Lippi, pittore tra i più importanti artisti napoletani – ho iniziato a disegnare e dipingere. Si dice che all’ombra di un grande albero non nasce mai una grande pianta, ma io ho studiato e lavorato tanto, alla luce di tutto quanto ho potuto assorbire dagli insegnamenti del mio maestro, dipingendo in quello studio, tra quadri, carte, colori, pennelli, tele e tanto amore.

Quanta influenza ha avuto la pittura di Lippi nella sua ricerca artistica?

Ho amato la pittura di Lippi, che qualcuno ha definito "il pittore del dolore", e forse devo a lui che nelle mie opere è sempre presente la ricerca del disagio, del dolore. Le mie opere sono infatti un viaggio visionario nell’inconscio dove il corpo appare come espressione e metafora delle inquietudini esistenziali, mentre lo sguardo precipita nell’ombra, là, dove corpo e anima calpestano lo stesso territorio, hanno la stessa voce, al di là dei codici che ne sanciscono la separazione. Io esploro quella terra dove le nostre aspettative di salvezza, come respiri sospesi nel vento, raccontano ancora una volta il dolore, non quello disperso nella nebbia, ma quello ancora vivo, lucido, provocatorio, quel dolore che è una luce perduta, una lacerazione profonda, bruciante come una ferita dalla quale spiamo l’Infinito.

Perché dunque non ha proseguito la sua "cifra stilistica"?

Sì, nelle mie opere avrei potuto ispirarmi alla pittura di Lippi e devo confessare che la tentazione è stata grande, ma ho intrapreso un sentiero completamente diverso anche se in fondo ho custodito dentro di me tutto quel bagaglio di esperienze e tutto quanto lui mi ha insegnato. Non ho mai dimenticato quegli anni, tra i più significativi della mia vita.

Quali sono allora gli artisti che le hanno fatto cambiare il sentiero artistico?

I miei artisti preferiti sono tutti quelli che, dai secoli passati ad oggi, hanno avuto il coraggio di andare avanti, a volte rinnegando il passato o semplicemente andando oltre le esperienze di un tempo. Amo in particolare l’arte moderna, mi affascina la ricerca di nuove verità, ricerca che ha portato nella pittura alla negazione dei tradizionali valori pittorici, nella poesia, alla demolizione dei sentimenti, nella musica alla distruzione della melodia; nasceva così la libertà di vedere e di rappresentare ciascuno a proprio modo quella realtà che smetteva di essere valore assoluto, statico, per trasformarsi poi in un valore relativo e dinamico. La mia ispirazione parte quindi da molto lontano, ma da un lontano che mai come oggi ci è tanto vicino. L’arte moderna con le sue trasgressioni, le sue inquietudini, ha oltrepassato quei limiti che appartenevano alle culture e alle dottrine del passato, tracciando un sentiero che molti di noi, ancora percorrono. Così io nelle mie opere amo raccontarmi, oltre le false verità, scavando e graffiando nei colori e nell’anima.

Una certa dimensione onirica aleggia nelle sue opere: ce ne vuole parlare?

La dimensione onirica è sempre presente nelle mie opere e si manifesta attraverso una realtà e una virtualità che stretti in un unico abbraccio, si raccontano. Nel tempo, le mie opere, pervase di luce e di colori si sono spesso trasformate in bianco e nero, vivendo in uno spazio e in un tempo dove il sogno diviene realtà e la realtà diviene sogno, fino a quando entrambi smarriscono i propri segni di appartenenza. Per me l’arte è un attraversamento, vissuto da me come una esperienza straordinaria; ma Il viaggio non è indolore. Per chi come me, cerca tutto ciò che giace inchiodato alle ali dell’inquietudine, creare, vuol dire esplorare tutto quanto si cela in quell’universo dove annegano le nostre speranze e i nostri sogni, i nostri desideri, scavando nel buio, alla disperata ricerca di quei pezzi di vita sputati dal tempo.

Come definirebbe le sue opere?

Le mie opere rappresentano un viaggio visionario nell’inconscio, che si racconta attraversando e superando le periferie del corpo, in un viaggio dove realtà e virtualità si confondono e si abbracciano. Attraverso la contaminazione digitale, le mie opere si smaterializzano per poi ritornare corpo reale, espressione concreta di un universo dove realtà e virtualità hanno vissuto insieme straordinarie articolazioni dialettiche, cancellando per sempre differenze e analogie, mentre l’interpretazione della realtà diviene trasposizione dell’immaginario.

La Pittura tradizionale da un lato, e la digital-painting da un altro: due facce della stessa medaglia?

Non penso si tratti di un’altra faccia della stessa medaglia, la digital-painting è solo una delle facce di tutte le medaglie possibili. Le esperienze nate dalle nuove tecnologie non solo hanno mutato le modalità di rappresentazione dell’immagine, ma sono espressione dei mutamenti che avvengono oggi in un ambiente completamente ridisegnato dall’uomo. Oggi come non mai l’arte ha libertà di espressione che manifesta alla luce degli stravolgimenti indotti da tutte quelle nuove tecnologie, che danno origine a nuovi linguaggi artistici. Nella pittura tradizionale è l’artista che con le sue mani scava nei colori, nelle luci, nelle ombre, finché la materia non prende forma e si racconta, ma i nuovi strumenti tecnologici hanno una loro vita propria che l’artista deve imparare a conoscere e gestire, lavorando sempre al limite tra la realtà e la finzione.

Come vede – in qualità di donna ed artista – l’attuale scena artistica contemporanea?

Sono felice nel constatare come oggi noi donne facciamo parte del mondo artistico come non mai, alle donne del passato non era consentito entrare in quel mondo artistico come in qualsiasi altro contesto, privilegio degli uomini. Sono state poche, ma ci sono state donne che nonostante tutto, hanno avuto il coraggio di superare tutti quei muri innalzati dall’ignoranza e da un maschilismo che ancora oggi non vedo del tutto svanito. Vedo la scena artistica contemporanea ricca di nuove esperienze e di prospettive straordinarie.

E, in qualità di donna, ha trovato difficoltà a farne parte?

Sinceramente no, nei miei lavori riesco ad esprimermi liberamente nel campo dell’arte in tutte quelle esperienze, in tutte quelle trasgressioni, in tutta quella sperimentazione, che vive oggi il mondo dell’arte, perché noi donne, diversamente dalle donne del passato, possiamo oggi essere ricercatrici in tutti quegli spazi, un tempo privilegio degli uomini.

Quale è la mostra (collettiva o personale) che ricorda con maggiore affetto?

La mostra che ricordo con maggiore affetto è la mia personale “Hikikomori – Il Corpo Negato”, presso l’Accademia delle Belle Arti di Nola, dove insegnavo Teoria della percezione e Psicologia della forma. La mostra ottenne un grandissimo successo e una notevole partecipazione di pubblico. Erano gli anni in cui la sindrome Hikikomori non era ancora del tutto conosciuta e sono davvero orgogliosa di avere contribuito nel mio piccolo a far conoscere uno dei problemi più gravi che abbracciano tuttora l’età adolescenziale e non solo. Ho anche creato un video dedicato agli Hikikomori.

Che cosa è cambiato in lei (e nella sua pittura) dagli esordi fino ad oggi?

Dopo anni di pittura olio su tela, le mie prime esperienze al computer sono iniziate nel 1999, e devo dire che sono rimasta affascinata da questo mondo “altro” a me completamente sconosciuto. Ho iniziato manipolando mie opere pittoriche al computer con programmi allora molto semplici. Negli anni, con l’aiuto di programmi più elaborati, ho maturato quella che io chiamo una “manualità alternativa” che mi ha consentito, fino ad oggi, di disegnare e dipingere direttamente sul computer attraverso l’uso degli strumenti virtuali. Io amo la Digital Art e sono convinta che le nuove tecnologie non sono importanti solo perché consentono nuove sperimentazioni, ma sono significative perché dimostrano come l’arte può servirsi di qualsiasi strumento tecnico senza alcun timore, perché nulla potrà mai sostituirsi ai percorsi dello spirito che troveranno in quegli strumenti nuovi percorsi e nuovi universi in cui manifestarsi. La manipolazione di mie opere e di fotografie al computer, rappresentano quindi la ricerca di nuovi spazi possibili nei quali rivisitare e far rivivere le immagini. Nelle mie opere, scompare infatti lo spazio cartesiano, scompare l’uomo, unico occhio del mondo, mentre si ridisegnano i confini tra il dentro e il fuori, tra il reale e l’immaginario, dando vita, alla fine, ad un’opera completamente trasformata nelle sue accezioni sia percettive che concettuali.

Ritiene utile per un artista possedere un sito Internet e fare uso dei social network?

Io penso che sia utile per un artista essere “visibile” attraverso i social ed avere un sito dove raccogliere le proprie esperienze che racchiudono in sé il cammino, i sentieri percorsi, tutte quelle piccole o grandi evoluzioni avvenute nel tempo. È bello per noi artisti rendere visibile i percorsi di quei sentieri che ancora oggi percorriamo.

Che consigli darebbe ad un giovane che vuole intraprendere il percorso artistico?

Ad un giovane, direi di lavorare, lavorare e lavorare. E, soprattutto, osare e abbattere tutti quei muri innalzati dall’ignoranza e dalla stupidità e per ultimo di non volere bruciare le tappe, perché l’esperienza è la compagna di viaggio più importante e significativa. L’arte è un viaggio visionario, in un continuo rimando tra la realtà e l’immaginario.

Vuole dire qualcosa ai lettori di "Arte & Società"?

Voglio dire che per me l’arte è un attraversamento, è un dialogo tra il corpo e l’anima, è una esperienza straordinaria, dolce e sconvolgente, perché sa essere insieme poesia e smarrimento.

Ivan Guidone

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Ultimo aggiornamento: 21/05/2022, 12:30