Gilda Pantuliano / Critica

1 Marzo 2024 Redazione A&S 249

NELLA FOTO: PANTULIANO CRITICA.

TESTO CRITICO #1

Le Orme sull’Acqua
[...] L'analisi della produzione fa prepotentemente emergere uno spirito visionario, la cui precipua necessità è quella di esplorare l'intimità e le emozioni sopite. Le sue raffigurazioni digitali destrutturano il significato oggettuale per corrompere il dato immediato, concedendo poi al fruitore un profondo scambio con l'opera. Un concetto frequente nella poetica della Pantuliano è quello della fluidità. Questo concetto attinge dalla fragile transitorietà e mutevolezza che connota la società contemporanea. Le opere, così cromaticamente vivaci e astratte, sono frutto di un processo creativo le cui basi si rintracciano nell'elaborazione percettiva della realtà circostante. Ad esempio la nostra, nell'osservare il groviglio delle reti da pesca, scorge l'avvicinarsi rarefatto di immagini lontane dall'oggettività, le quali si tramutano in soggettive percezioni di natura metafisica. Queste aprono la strada ad un proficuo scambio sensoriale, il quale astrae mentalmente e temporalmente la presenza senziente, catapultando l'attenzione su un piano superiore. L'intuizione o lo stato d'animo del momento fanno crollare le barriere emotive precostituite, permettendo una discesa nell'inconscio da cui emergono suggestioni depurate dal superficiale. Senza alcun ostacolo il libero fluire dei pensieri diviene la manifestazione di un monologo interiore, portatore di una nuova consapevolezza radicata nel sogno e nella speranza. L'arte deve essere il veicolo di un messaggio volto a migliorare il mondo e la sua decadenza. [...]

Daniele Radini Tedeschi, Stefania Pieralice

(Tratto da: Atlante dell'arte contemporanea 2020, Novara, DeAgostini Editore, 2020, pp. 748-749)


TESTO CRITICO #2

Sull’opera “Pareidolia#1”
Le sue sono creazioni colte, complesse. A tratti Metafisiche. Ma le sue allegorie non si rinchiudono in un circolo vizioso di edonismo e autoreferenzialismo. Vogliono, bensì, raccontarci del proprio mondo interiore e del nostro. Quello che distrattamente abitiamo.
Per la grande padronanza della tecnica artistica nel restituire istantanee della realtà rielaborate dal proprio mondo interiore.

Jean Blanchaert, Rosario Sprovieri, Luca Cantore D’Amore

(tratto dalla Nota e Motivazione della Commissione Critica del Concorso "Arte Salerno 2018" sull'opera "Pareidolia#1" vincitrice del Premio della Critica nella Sezione Arte Fotografica)


TESTO CRITICO #3

Con le brezze e negli abissi. Realtà iconografiche e inconsci cromatici nell’opera di Gilda Pantuliano
Bella e complessa la ricerca di Gilda Pantuliano che affronta alcune tematiche iconografiche e contenutistiche estremamente articolate fondanti i loro molteplici significati nell’ancestralità e nell’arcano. La rete, ad esempio, certamente monito al disinteresse pericoloso e inaccettabile dell’uomo nei confronti del Pianeta che va dal suo abbandono sulle spiagge alla pesca indiscriminata, amplia il proprio senso suggerendo una visione legata al concetto di metamorfosi dell’immagine stessa, tesa ad una figurazione in fieri che sorprende l’osservatore “catturato” dalle composite malie che offre. Tale soggetto è suggestivo di filosofie esistenziali dagli ossimori affascinanti: è leggera ma ha una resistenza impossibile da contrastare, è costituita da materiale tangibile ma al contempo da spazio vuoto, non solo limitazione e prigionia ma la sua struttura intrecciata assume anche un potere simbolico di concertazione e ri-conciliazione che racchiude e trasforma energie antitetiche. Questa ispirazione è fortemente connessa alla trasformazione che non va intesa, anche qui, soltanto come mero mutamento della realtà retinica, bensì di un progressivo palesarsi di potenzialità intrinseche. L’artista, infatti, richiede la capacità di percepire con occhi diversi ciò che si pone sul confine della conoscenza pragmatica, di abbracciarne il mistero e la bellezza e lo fa con la delicatezza di un’analisi suggerita dagl’inconsueti colori e dalle forme evanescenti in sovrapposizione che danzano all’unisono unendo, sapientemente, discipline diverse che vanno dalla fotografia all’arte digitale, supportate da una seducente evocazione emergente dalle trame e dagli orditi d’una Penelope che non attende, ma viaggia. Gilda Pantuliano distrugge e costruisce la figurazione ottenendo labirinti della visione e della mente ove addentrarsi, perdendosi per poi ritrovarsi, significa affrontare tragitti e percorsi per conquistare l’incanto e la meraviglia che, crudelmente, la contemporaneità ci sottrae. Per questo, nell’indagine di Gilda Pantuliano non può mancare il mare, non solo perché, da sempre, è richiamo impetuoso, viaggio e conoscenza, ma perché le affinità con la profondità della mente umana sono tali che i due elementi possono essere considerati la forma visibile e invisibile della stessa realtà: le loro regioni più profonde sono spesso impenetrabili, gli abissi custodiscono una vita che esiste eppure che ancora ignoriamo, esattamente come il nostro inconscio. Il mare è la madre di tutte le madri, antico e primordiale, è il fluido universo dal quale è nata la vita, per l’artista metafora delle acque profonde della psiche, ella invita, così, tra nuove figure e sconosciuti profili e tra inattese cromie e ignote nuances, a naufragare nel dinamismo delle sue onde; a sprofondare nei flutti sereni e tempestosi della creatività e dell’emotività; ad amare e desiderare, furiosamente, l’infinito dell’intuizione e del genio, perché l’Arte è proprio questo: abbracciare l’improbabile, toccare l’incredibile e viverlo come assoluta, autentica, concreta possibilità, nella quale riuscire a distinguere nella luce, finalmente, specchianti e magiche orme sull’acqua.

Antonella Nigro

(tratto dal testo di Antonella Nigro in Liber, Centro Studi Hemera, Agropoli 2021, pp. 344-347)


TESTO CRITICO #4

With the breezes and in the abysses. Iconographic realities and chromatic unconscious representations in Gilda Pantuliano's art
Gilda Pantuliano proposes a fascinating and sophisticated analysis of several iconographic and content topics that, extremely articulated, build their multiple connotations around the ancestral and arcane dimension. The net undoubtedly dissuades from the counterproductive and unacceptable disinterest of individuals towards the Planet that goes from its abandonment on beaches to indiscriminate fishing and then extend its meanings by proposing a vision related to the idea of metamorphosis of the image itself aimed at an evolving representation that confounds the observer entirely "captured" by its composite charm. Here the subject is interpreted as being suggestive of existential philosophies characterized by fascinating oxymorons: it appears light even though it features a considerable resistance which is impossible to counter. Moreover it is made of tangible material products but also of empty spaces, not only limitation and imprisonment given that its intertwined structure also assumes a symbolic power of consultation and re-conciliation that encloses and transforms all the antithetical energies. This inspiration is highly connected to the transformation that here should not be understood only as a mere retinal change, but as a progressive manifestation of intrinsic potential effects. The artist thus requires the capacity to perceive what is placed on the border of practical knowledge from different angles and embrace its mystery and beauty through a delicate analysis by using unexpected colour combinations and evanescent forms in overlap that dance in unison, by wisely encompassing multiple diverse disciplines, ranging from photography to digital art, supported by an intense evocation emerging from the wefts and warps of an unconventional Penelope that does not wait but travels. Gilda Pantuliano destroys and reconstructs the representation obtaining the labyrinths of the vision and mind where to penetrate, getting lost and then find yourself, means facing routes and paths to conquer the enchantment and wonder so cruelly denied by the contemporary reality. In her analysis, Gilda Pantuliano then presents the sea firstly because it concerns with the concept of impetus, travel and knowledge, and secondly because its affinities with the depths of the human mind are such that both elements can represent the visible and the invisible part of the same reality: their hidden regions are often impenetrable, the abysses guard a life that exists and yet we still ignore, just like our unconscious mind. The sea is the ancient, primordial Mother of all mothers, it constitues the fluid universe generating life that, symbolically seen as the metaphor of the deep waters of the psyche, invites, among new figures, unknown profiles, unexpected colours and mysterious nuances to be wrecked amidst its strong waves; to sink in the serene and stormy waves of creativity and emotionality; to love and furiously desire the infinite of intuition and genius, because Art is just that: to embrace the improbable, to touch the incredible and to live it as an absolute, authentic, concrete possibility, in which to be able to distinguish in the light, finally, reflective and magical footprints on the water.

Antonella Nigro

(traduzione di Giovanna Della Porta del testo di Antonella Nigro "Con le brezze e negli abissi. Realtà iconografiche e inconsci cromatici nell’opera di Gilda Pantuliano" in Liber, Centro Studi Hemera, Agropoli 2021, pp. 344-347)


TESTO CRITICO #5

Tappeti Volanti
L’immagine di Gilda Pantuliano è essenzialmente SPAZIO. Spazio gremito di colori e segni. Uno spazio NON classico, NON “umanistico” ma quello interpretato come dimensione cromatica, come tabula grafica su cui costruire strutture, formazioni diagrammatiche, grumi geometrici “in-significanti”. Uno spazio pieno, polmonare che vorrebbe espandersi, tracimare oltre i confini imposti dalla tela. Uno spazio, quindi, borderline? Uno spazio pregno di ingarbugliati sistemi simbolici non è, in fondo, confuso, mescolato, sregolato anche se così parrebbe, ma razionale come le tarsie di antichi tappeti. Che sia uno spazio simbolico o concreto esso si compone di un caos ordinato. Sembra che l’opera sia attraversata da desta a sinistra, in orizzontale o verticale, da coordinate che dialogano. Linee bianche costruiscono rombi rovesciati e viluppi ornativi. Sulla destra, infatti, di chi osserva, sembra comparire una figura inquietante, un totem, feticcio vivente d’una vita; sembra, appunto, materializzarsi, inzuppato dal fondo verde del fondo, come organismo o e solo un segreto “mandala” dell’anima. È la ricerca di nuovi sistemi estetici... diventa indagine profonda sulle proprie ombre che restano accanto a chi, con estrema sensibilità, pena di un “di un sé e un fuori di sé”, che interroga le proprie ferite che sciamano in acque chiare nell’impura angoscia dei tempi. La ricerca formale di Gilda Pantuliano è dimensionale ma anche sognante e, dunque, esistenziale. Le curve, le linee serpeggianti, le minute costruzioni articolate, i mutamenti di direzioni, lo scorgere di piccoli organismi modulari, suggeriscono un macchinismo sistemico funzionante. Come se esistessero dei dispositivi, dei congegni pronti ad agire e muoversi per un fine, quello della continuità e funzionalità dell’intero marchingegno. Dunque, un’ipotesi di sopravvivenza, un appello... la richiesta alternativa di rintracciare e costruire “altro e oltre” dalla staticità dei vecchi modelli e confermare l’esistenza (spasmodica ricerca della durata) del “ri-concepibile”, attraverso l’immaginale. Tutto potrebbe decadere ma l’arte contiene sempre fulgenti fermenti propulsori di nuove esperienze esistenziali.

Bruno Pappalardo Salinas


TESTO CRITICO #6

Eclissi, la Sacerdotessa
L'energia psichica contenuta all'interno di un soggetto femminile si estrinseca negli spazi immanenti del mondo fenomenico accogliente la presenza di una cromoinformomassa dinamicizzante. La possanza ontologica di tale soggetto riesce a gestire delle forze energetiche metassuditanti che si iconograficizzano nella fotografia dell'artista, Gilda Pantuliano. Ella decide di utilizzare degli apparecchi digitalizzati per realizzare un prodotto artistico che magnifichi attraverso delle micromacrobande rosse irregolari la cromoformadinamicizzazione di un ectoplasma rosso che s'impone con intransigenza all'interno dello spirito di una sacerdotessa e concretizzarsi successivamente all'interno dell'opera, il cui sfondo è caratterizzato da un'enorme campitura nera, la quale può, in virtù della sua possanza monocromatica, rafforzare l'iconograficizzazione della presenza compartecipativa dell'essenza evocativa dell'ectoplasma rosso che domina la superficie rettangolare del quadro, di chiara matrice geometrica euclidea, dimostrando, pertanto, all'osservatore dell'opera anzidetta le sue fasi ontoconcretezzanti all'interno degli spazi del mondo fenomenico, nonché il suo protagonismo assoluto, originato dalla presenza dirompente dell'ectoplasma medesimo che s'immanentizza sulla superficie stessa dell'opera. L'espansione ectocromoinformadinamicizzante, ravvisabile in un soggetto psichico femminile, facente parte di un organizzazione sacerdotale, fonda la sua concretezza storica sui capisaldi delle varie credenze spirituali e religiose dell'antichità, giacché queste ultime hanno continuato a vivere in numerose società comprendenti le varie nazioni della Terra grazie a delle forme associative e a dei simboli religiosi fortemente riconoscibili che ne hanno permesso, per l'appunto, la loro sopravvivenza all'interno di tutta la storia dell'umanità e delle coscienze dei numerosi popoli del globo. Un asse simmetrico verticalizzante suddivide in due porzioni l'ectoplasma rosso raffigurato, poiché quest'ultimo riesce a sprigionare sul lato destro e sinistro dell'opera l'identica iconograficizzazione del bilanciamento cromoformale di ambedue le parti sezionate dalla stessa linea invisibile che definisce le due sezioni sopraindicate, dacché l'immagine ricavata riflette, attraverso tutta la sua fase immanente, delle forme antropiche rimembranti il viso del caprone Mendes e altre forme che appartengono al mondo dell'occulto che sussistono nella mente contemplante di una sacerdotessa. L'immagine è carica di un'energia psichica che non appartiene alla natura umana. Infatti, tale energia, con l'ausilio dello strumento artistico, riesce a essere evocata dalla Pantuliano in tutta la fase di ontoconcretizzazione immanente. Gli extralanci verticalizzanti delle tante striature rosse che si distribuiscono attraverso la cromoinformalizzazione sulla superficie del quadro tendono ad abbandonare la classica prigionia della forma geometrimatematicizzata, dacché la luce generata dal colore rosso denota la sintesi di ogni suono, infatti, ogni movimento del colore rosso di cui sopra, nel momento in cui riesce ad immanentizzare se stesso attraverso un prodotto artistico, quale appunto la fotografia, contribuisce a dispiegare un'energia siderale, proveniente da una matrice di base trascendentale che il mondo non riesce a concepire, ma solo ad avvertire nel momento in cui tale energia s'immanentizza in delle forme e dei colori cangianti che la fotografa, Gilda Pantuliano, è capace di magnificare e immortalare all'interno del suo prodotto artistico. Le forze generate da un mondo nero e oscuro riescono a evocare un sogetto psichico per trarre il giusto vantaggio, affinché esse possano intervenire nell'ordine della natura, travolgendone sovente il percorso razionale per cui sono state impostate dall'energia psichica, la quale non può essere percepita dalla maggior parte del popolo della Terra, tuttavia essa può imporre delle forme e dei colori atti a dare delle indicazioni iconografiche relative ai più importanti elementi distintivi di cui si compone un oggetto d'arte che possa scoordinare gli intricati assetti razionali di un'architettura antropica, oppure di un ambiente naturale, costituito da forme e colori totalmente differenti da quelli emanati dallo stesso ectoplasma rosso. Un'opera d'arte può inglobare all'interno della sua essenza dei simboli e dei richiami teroretici che s'immanentizzano all'interno di un soggetto psichico, il quale, per mezzo dell'impiego di alcuni materiali inerti e dell'efficacia degli strumenti artistici, riesce a evocare dei suoni e dei colori che si manifestano mediante l'operosità dell'artista. Infatti, Gilda Pantuliano pare riproporre ossessivamente tali forme e colori all'interno della maggior parte della sua ricerca artistica.

Jean-François Bachis-Pugliese


TESTO CRITICO #7

In Dialogo tra Significante e Significato
L’Artivista salernitana, Gilda Pantuliano, propone una selezione di lavori in cui tecniche tradizionali/comuni si intrecciano alla digital technology di ultima generazione, un connubio che dà forma, distinguendosi, ad una cifra stilistica originale e identitaria. La sua indagine partita dalla relazione tra significante e significato, traccia e immagine, propone oggi soluzioni articolate che aprono lo spettatore a letture e interpretazioni differenti. L’artista si avvale di una comunicazione (s)oggettiva, anticonvenzionale, senza frontiere, in cui arte e vita sono allineate a medesimi percorsi. Da artivista si fa carico di portare a conoscenza fatti spesso intenzionalmente minimizzati, se non addirittura celati dall’informazione mainstream, una ricerca, la sua, di fotografia contaminata, che, dalla chiara e inconfondibile etichetta, rompe il silenzio, si schiera, risuona potentemente agli uditi più duri, e illumina-abbaglia l’oscuro oblio dell’indifferenza. L’opera di Gilda Pantuliano spaziando tra medium diversi invita ad una fruizione che travalica la sola visione, sensibilizza gli spettatori a sentire, a partecipare, divenire cittadini attivi, non solo in termini di testimonianza ma custodi impegnati ed efficienti dell’ambiente. Le orme sull’acqua, è una ricerca iniziata nel 2013 presso il borgo dei pescatori di Marina di Corricella a Procida, suddivisa in tre sezioni Morphos, prophetia, abstracta. Indagine che denuncia, con una serie di scatti alle reti da pesca, caratterizzata da collage digitale e tecnica mista, il marine litter, la sovra-pesca e la pesca fantasma, fenomeni nefasti per il fragile ecosistema marino. Una dichiarata volontà di sensibilizzare l’opinione pubblica ai problemi ambientali, fulcro del movimento denominato Ecological Art, una esperienza variegata e complessa, quella di Gilda, aperta a diverse chiavi di lettura, come il viaggio nel sé alla ricerca di emozioni sommerse, l’invito al recupero della tradizione come identità di un luogo e come memoria da tramandare, la bellezza e la fragilità della natura da difendere. La serie “Le orme sull’acqua” (gioco di parole nato dal desiderio di far scendere a zero l’impronta ecologica sul pianeta delle attività correlate alla pesca), offre allo spettatore un viaggio per immagini tra le intime pieghe della storia procidana, in cui il Mare, costante prepotente, insieme a luogo, pesca e tradizioni sono i pilastri del genius loci dell’artista.

Nunzia Giugliano


TESTO CRITICO #8

Verità di Simmetrie. Lo studio dei Quadrilli nell’opera di Gilda Pantuliano
Gilda Pantuliano con la ricerca dedicata ai Quadrilli, misteriose opere d’arte tipiche della cultura procidana, divise tra fede e profezia, apre una complessa discussione antropologica ed estetica sull’esegesi di tale proposta, soprattutto in ambito contemporaneo. I Quadrilli nati come preziose reliquie alle quali affidarsi attraverso la devozione, diventano, nel tempo, oggetti divinatori, che solo alcune lettrici erano in grado d’interpretare scorgendo nei riverberi vitrei del “cuore” di tali manufatti, ovvero un lembo del manto nero della Vergine, risposte e responsi. Gilda Pantuliano propone iconograficamente la stessa struttura simmetrica, le sue opere ispirate ai Quadrilli ed eseguite con tecnica mista su collage fotografico digitale, si sviluppano da un fulcro che, a raggiera, spande forme, dirama traslazioni, crea rotazioni e vibrazioni legate, come nello studio più noto e proprio dell’artista, alle reti da pesca e al mare. Vi è, così, un interessante parallelo concettuale: Gilda con una sofisticata specularità visiva non solo omaggia la tipica configurazione del Quadrillo, ma richiama sia lo specchio quale oggetto principe della chiaroveggenza, quanto il riflesso che è medium imprescindibile nel vaticinio del Quadrillo. Il ricamo perimetrale al nucleo è sostituito dagli orditi nati dagli intrecci delle reti da pesca che l’artista interpreta sia come messaggio ambientale sia come malia dell’esistenza e del suo Altrove. Dunque, anche l’opera di Gilda diviene incantato prodigio, suggestiva predizione: la sua visione è chiara e travalica ciò che la maggior parte della collettività non vede, ovvero la bellezza naturale messa a repentaglio dall’indifferenza e dall’incuria altrui, un oracolo che possiede la solennità dell’antica rivelazione: perentorio, deciso, indiscutibile. La geometria che primeggia nella costruzione grafica e concettuale non è vincolo, ma è concepita come continua possibilità, infinita metamorfosi e progressione matematica di ritmo e, forse, anche la fede non è antitetica a questa tanto precipua espressione artistica che si avvale di riflessi, simmetrie e auspici, se pensiamo che le mani, giunte in preghiera, sono speculari dinanzi ai nostri occhi e al cospetto di qualunque realtà tangibile e non

Antonella Nigro


TESTO CRITICO #9

I Quadrilli
I Quadrilli, raccolti nella sezione Prophetia (de Le orme sull’acqua), riprendono una espressione tipica della cultura procidana, sospesa tra fede e profezia, divengono in essere il display che riflette il caos generato dall’egoismo umano. Le opere, nate dalla sinergia di tecniche diverse, e caratterizzate da raccordi cromatici di contrasto, mettono a fuoco figurazioni scomposte ri-evocanti il turbamento emotivo dell’artista, che, instancabilmente tenta di ri-mettere ordine ad una classifica di azioni umane che ha come epicentro la condivisione (e non distruzione) dello spazio naturale. L’isola di Procida agli occhi di Gilda si pone come un microcosmo da preservare – natura, ritualità, religiosità e tradizioni popolari – e tramandare, come l’usanza dei Quadrilli, la quale affonda le sue radici nel culto millenario della Madonna Iconavetere, patrona di Foggia, giunta sull’isola napoletana con Sant’Alfonso Maria de’ Liguori. Una tradizione tutta al femminile controversa e affascinante allo stesso tempo, quasi del tutto sconosciuta ai non isolani, tramandata gelosamente da donna in donna nella segretezza delle proprie abitazioni, costituita di oggetti che si possono toccare e trasportare di nascosto, mostrati furtivamente ad altre donne (proprio come narrano le cornici consumate in alcuni punti, degli antichi Quadrilli). Opere che, se da un lato esaltano la tradizione nella composizione formale con oculo centrale circoscritto da una corona da cui si diramano ricami simmetrici, e nella struttura con velo nero e superficie specchiante, dall’altro si differenziano per l’utilizzo di un linguaggio fortemente contemporaneo, tradotto graficamente in criptici “ricami digitali”, raffigurazioni astratte caratterizzate da grovigli di linee serpeggianti multicolore – le foto dei fili delle reti da pesca – apparentemente disposti in modo caotico ma, in realtà, regolati da assi di simmetria che mutano in rotta di navigazione per il fruitore, verso spazi permeati da horror vacui. Varie e colte le citazioni che si scorgono osservando i Quadrilli e gli altri lavori della serie Le orme sull’acqua, come la tradizione di origine islamica del ricamo, che nel Settecento sull’isola, si affina ad opera di maestranze artigiane locali traducendosi poi nel raffinato decoro “a cocciole”, il ricamo di cordoncini d’oro zecchino dello splendido Costume Procidano, l’ὀφθαλμός, che l’artista intende sia come l’occhio apotropaico posto sulle prue delle navi col compito di proteggere l’imbarcazione e il suo equipaggio dalla malasorte (trasformato poi in Occhio di Cubia), che come Inneres auge, l’occhio interiore congiunto alla veggenza. Nei lavori ispirati ai Quadrilli, esso coincide con l’ovale contenente un frammento di velo nero che, secondo la tradizione, era un lembo del manto della Madonna Iconavetere. Un occhio nel quale si specchiavano gli occhi delle donne procidane, chiamate le “lettrici”, ovvero, suore laiche che leggevano il presente ignoto ad altre donne, diventate perno della società dell’isola a stampo matriarcale, data l’assenza di uomini (imbarcati per lunghi periodi).

Nunzia Giugliano


TESTO CRITICO #10

Parole in Luce. Carta, Natura e Letteratura nell’opera di Gilda Pantuliano
Gilda Pantuliano, con questa nuova ricerca, estetica ed artistica, incentra la sua attenzione su un elemento specifico: la carta, il supporto della scrittura, la superficie, per eccellenza, di proiezione dei sentimenti, dei pensieri, dei desideri, delle decisioni, dei sogni. Come l’ombra, come l’acqua, la carta ha una funzione di specchio, che permette d’intravedere l’anima di ciascuno. In tale materiale, unite fortemente, sono due caratteristiche ossimoriche ma, magicamente, complementari: la fragilità e l’incontestabilità. La delicatezza e l’esiguità del foglio, abbracciano il valore indiscutibile dello scritto sulla parola e, dal momento che la carta, in tutte le culture, rende la realtà perenne, ha in sé un senso di eternità. La carta utilizzata da Gilda per le sue opere d’arte, non è ordinaria, ma sono pagine di libri, destinate al macero perché danneggiate, recuperate e lavorate con perizia e cura dall’artista. Gilda non nasconde, così, il suo interesse per la difesa dell’ambiente e la passione per la lettura e sa che, oltre l’evidente significato di accesso alla conoscenza, il libro è un viaggio in se stessi e in terre lontane, è conversazione con le menti più vive e coinvolte del passato come dell’oggi. La lettura è sposa del silenzio, nel quale è possibile, non solo il cammino verso nuovi, inattesi itinerari, ma una comunione, sentire l’eco di una dimensione sconosciuta e sacra, poiché verità e segreti possono rivelarsi solo attraverso la suprema quiete. Nascono opere di assoluta stilizzazione e di estrema ricercatezza come Mal d’Africa ispirata sia al testo dal quale è tratto il materiale cartaceo – La mia Africa – sia alla magnifica tavolozza cromatica dell’abito etnico de La zingara addormentata di Henri Rousseau; vertigObscura dedicata ai gironi danteschi dai fogli dell’Inferno della Divina Commedia che si sviluppa in una elegante danza concentrica; Falling words pagine ritagliate, dipinte e assemblate in forma di caduca foglia 3D tratte dal dannunziano Il piacere; e ancora un lavoro sulla tridimensionalità, la lampada, Luce verde, ricca d’innumerevoli ritagli-decorazioni, ancora leggibili, ottenuti da Il grande Gatsby di Fitzgerald. La raffinatezza di tecniche mirabilmente delicate e sapienti, quali il collage, il papier collè, la cartapesta, la guaches e l’utilizzo, insieme ad acrilici, di pigmenti, spezie, fondi di caffè, rendono queste opere seducenti, esse s’impongono all’attenzione dell’osservatore che ne è attratto anche da un punto di vista tattile. In un mondo ove impera il virtuale, Gilda propone, con fermezza, la malia della tangibilità, la bellezza della materia in arte; in una contemporaneità volta all’autoreferenzialità, Gilda propone il rispetto per l’unicità della Natura; in un quotidiano sempre più povero di lemmi e vocaboli, Gilda dona l’amore per la lettura, salvandoci dal pericoloso inverno dello spirito.

Antonella Nigro


TESTO CRITICO #11

Le Maree
Con l’opera "Le Maree", Gilda Pantuliano si addentra nella complessa e affascinante dimensione dei lemmi narrati, creando, concettualmente e artisticamente, paralleli inattesi: le parole, come le maree, hanno il potere di distruggere e di creare, sono misteriose forze che portano in superficie verità sopite, taciute, celate in abissi muti, ma vissuti e viventi. L’artista, attraverso le pagine di Gertrude e Siddharta di Hermann Hesse, evoca una, troppo spesso, obliata realtà: come ciascuna parola abbia importanti conseguenze, altresì ogni silenzio. Parola è libro, è foglio, è carta, è materia, come tale può essere plasmata, lavorata, affinata, inglobare altre intuizioni, scoprendo singolari significati, trasfigurare da se stessa, divenire flutto, disciogliersi in onda mutevole e dinamica, naufragando in rinnovate accezioni. Le suggestioni emergono potenti dinanzi al rincorrersi delle increspature, finemente lavorate con pigmenti colorati in delicate nuances e sale marino, così da rendere tangibile la tenue, quasi inconsistente, schiuma nata da eterni frangenti e infinite risacche. In questo “oceano del sapere” le parole divengono conchiglie che custodiscono la voce e il senso dell’infinito, il lirico suono di quel mare immaginato che solo i bambini, i folli e gli artisti, accostando l’orecchio, riescono a udire, interpretare, ricordare.

Antonella Nigro


TESTO CRITICO #12

Sull'opera "Le Maree"
Dalla spuma di fluttuanti onde marine emergono parole che l'essere umano non riesce più a decifrare perché non vuole farlo. Le guarda ma le lascia lì... sulla carta e con il passare del tempo vengono dimenticate. Esse urlano ma nessuno percepisce quelle grida. L'anima dell'artista Gilda Pantuliano ascolta quelle voci e accarezza quelle parole e le porta via con sé. L'artista rivela, attraverso l'opera "Le Maree", il bisogno del saper ascoltare, leggere e comprendere che cosa si celi dietro a parole e frasi. L'uomo ha bisogno di vedere, di convertire nella mentre quei grafemi e dare un senso alla scrittura perché il vuoto che conduce alla perdizione è in agguato. Gilda Pantuliano chiede all'osservatore di fare silenzio, di respirare, di guardare e di usare le giuste parole quando necessario. Esse fanno parte della nostra vita e della nostra essenza. Se l'essere umano incide quelle parole nell'anima, l'alta marea non le potrà mai cancellare come non potrà mai eliminare la nostra essenza, la nostra immaginazione e le nostre vite.

Mariangela Bognolo

(tratto dalla nota critica per meriti artistici sull'opera "Le Maree", vincitrice del Premio EtereArt 2022, Concorso "Dialogando con l'arte" presso il Museo Diocesano di Salerno)


TESTO CRITICO #13

Il Futuro nelle Pagine di un Libro
‘Paladina’ della sostenibilità e il rispetto per l’ambiente, Gilda Pantuliano ha direzionato la sua esperienza di ricerca verso tematiche e materiali ecologici, allo scopo di sensibilizzare il pubblico alla tutela dell’ambiente, emergenza incrementatasi in questi ultimi anni, al rispetto e al recupero di materiali dall’uso versatile, quali la carta, che nelle sue mani diventano supporti per opere d’arte suggestive, dal carattere unico, intenso e fragile allo stesso tempo. Uno scripta comunicativo, che con l’ausilio di un linguaggio contaminato, di chiave contemporanea, permette al fruitore di entrare nei pensieri di lettere, frasi o semplicemente stralci di pagine di libri (ammuffiti e deteriorati dal tempo) ordinati e ricreati dalla visione di un futuro ecosostenibile, dove l’uomo e la natura camminano a braccetto, e che in sinergia con la tecnologia, supporto e non sostituto, possano essere le basi per un mondo migliore. Parole in Luce è una serie che ricorda o forse ‘illumina’ sulle possibilità di dare nuova linfa a materiali delicati come la carta, trattati con elementi che alla natura appartengono, quali pigmenti ecologici che come madri, avvolgono, proteggono e adornano, impreziosendo, un sentimento di amore profondo per la natura. La diffusione di messaggi di sostenibilità avviene con l’ausilio di una versatilità senza eguali, spaziando da ricerche e utilizzo di materiali (eco)sostenibili al riciclo di elementi usurati e privi di funzionamento a cui ‘ridona’ splendore e ‘motivazione esecutiva’, ad esse si coniugano concept e project, tecniche grafiche digitali e manuali, conoscenza ad ampio spettro di materiali e supporti che danno corpo e anima alle opere. Senza mai soffocare o snaturare il messaggio di recupero e tutela ambientale, Gilda, sulla scia di un’utopia, la stessa che ha guidato il lavoro dell’artista contemporaneo da poco scomparso, Piero Gilardi, chiede, interroga e dispensa al pubblico alternative al consumo sfrenato dell’industria, un ritorno alla genuinità del processo lavorativo, al toccare con mano e assaporare profumi che un tempo accompagnavano piccoli viaggiatori, i quali dalle quattro mura della propria cameretta, o seduti ad una panchina o sdraiati sul verde di un prato, raggiungevano luoghi irraggiungibili, perché di fantasia o geograficamente lontani, accessibili solo con la mediazione di note ‘emozionali’ di racconti dalle cangianti cromie. La narrazione artistica della Pantuliano permette all’eterea visione di prendere forma, affinché lo spettatore, consapevole di tale alternativa si adoperi, con partecipazione attiva e coscienziosa alla ‘modellazione’ di un futuro migliore.

Nunzia Giugliano


TESTO CRITICO #14

Quando la “vita” diventa una “[Reliquia]”
[Reliquia] è un progetto che pone al centro la ‘donna’, una presenza che Gilda Pantuliano visualizza e concretizza con l’atto l’azione il gesto dal taglio della chioma all’utilizzo del proprio sangue, elementi bio-organici che danno voce ad una fisicità e spiritualità intrinseca del dolore ma anche della speranza. L’artista con Hadis, non solo mette in essere la sua partecipazione al movimento Jin Jiyan Azadî, ma dialoga con la cronaca di uno spazio temporale preciso, l’Iran, luogo dove il travertino rosso diventa l’arma assassina contro le donne accusate di adulterio, nonché paese che ha decretato ‘per una ciocca di capelli fuori posto’ la condanna a morte della giovanissima Mahsa Amini. Soprusi, violenze, urla, sofferenze che Gilda denuncia anche con medium a lei congeniali, Carta e Scrittura, i quali, caratterizzanti un operato artistico identitario, sottopongono alla mente/occhio dello spettatore una sezione di emo-scritto-(immagine), singole parole sigillate dal sangue ‘catalizzatore simbolico’ che reclamano l’Amore che così «come l’arte, porta sempre ad una riconciliazione» (Jan Fabre).

Nunzia Giugliano