Silvia Rea / Critica

8 Ottobre 2023 Redazione A&S 190

NELLA FOTO: REA CRITICA.

In questa sezione troverete alcuni stralci critici più rappresentativi sulla produzione pittorica dell'artista Silvia Rea.


NOTA CRITICA #1
(di Maria Rosaria Vitiello)

La mia arte è un inno alla vita
(...) Giunta alla pittura solo in età adulta, Silvia Rea ha individuato in questa forma d'arte un indispensabile strumento di espressione per comunicare al mondo esterno tutte le sue sensazioni e pulsioni emotive più intime. Appassionata di disegno fin da bambina, ricorda il senso di benessere che questo gesto le ha sempre trasmesso, tanto da rendere possibile che "il resto del mondo scomparisse" e che lei "tornasse presto in pace con sé stessa". Da allora, ogni qualvolta ha sentito scuotere il proprio animo per un accadimento gioioso o doloroso, l'impulso di disegnare è stato irrefrenabile e le ha regalato la sensazione di udite "placata la sua anima inquieta". Colore e movimento sono gli elementi portanti del percorso pittorico di Silvia Rea, che si estrinseca in immagini di grande impatto visivo, in cui dominano volti umani inariditi dal vento, indumenti e stoffe danzanti illuminati dal sole e scossi dalla brezza estiva, ma anche ritratti di figure mute e dolenti che esprimono un profondo senso di solitudine e di smarrimento, uno fra tutti "La sconfitta", che si è aggiudicato il Premio Albatros 2008 Sezione Arte per la sua capacità di trasmettere la complessità e il tormento dell'esistenza umana. (...)

(tratto dalla rivista Albatros, Marzo 2009)


NOTA CRITICA #2
(di Daniela Ricci)

I percorsi della Rea tra ritratti e narrazioni
(...) disegni e dipinti ad olio di grande impatto visivo che inevitabilmente trasportano il visitatore attraverso il caos emozionale reso con la luce del colore filtrata sapientemente in forme, pieghe, drappeggi, volti e corpi. In «Autoritratto con veli», l'artista si scopre man mano rivelando al mondo la sua timidezza, la sua antica paura di mostrarsi e il desiderio di trovare la sua identità. Nel dipinto «Pulcinella», il conflitto tra il dentro e il fuori è molto leggibile attraverso i due volti della maschera partenopea, dove traspare luce ed oscurità, gioia e tristezza. Nelle drammatiche figura femminili nascoste dai burka, la Rea invece intravede la sofferenza di queste donne obbligate a privarsi della loro femminilità. In altre opere l'artista ricorda il silenzio evocando visioni rarefatte, la solitudine e lo smarrimento dell'uomo contemporaneo, i desideri nascosti, le nostalgie e le memorie caleidoscopiche.

(tratto dal il quotidiano Il Mattino, 5 Dicembre 2012)


NOTA CRITICA #3
(di Joanna Irena Wrobel)

L'opera di Silvia Rea
(...) La sua arte, di matrice prettamente figurativa, frutto di grande e profonda ricerca stilistica e interiore, è caratterizzata da una rara padronanza di mezzi espressivi tradizionali e dalla quasi maniacale indagine sugli aspetti da trattare. La inconfutabile bravura tecnica, la incessante ricerca sui medium adoperati, gli scrupolosi studi di anatomia, accompagnate da un linguaggio chiaro e di immediata fruizione, nell'insieme danno alla pittura di Silvia Rea una notevole valenza artistica. (...) Le sue opere, caratteriz­zate dalle immagini nette e pre­cise, impeccabili nell'esecuzione, prediligono il corpo umano non solo come oggetto della rappresentazione, ma lo pon­gono in risalto come una sorta di alchimico "atanor", luogo di trasmutazioni e di emozioni, crogiuolo in cui viene a compiersi la genesi e comincia il tortuoso per­corso della vita. I popoli di razze diverse, la marcia senza fine come metafora della vita, le simboliche scarpe consunte e dismesse in una immaginaria disca­rica, assumono la valenza di un fil rouge nelle numerose opere dell'artista, dove difficoltà quotidiane e cambi epocali vengono a confronto, in ogni momento, con il vento che alza la sabbia del deserto dei sentimenti e impedisce l'affannoso cammino verso un futuro, talvolta ignoto. Tutto diventa una riflessione sulla dimensione umana, sul mistero della vita, sui limiti e la precarietà della nostra condizione che spesso dimentichiamo, innalzando inutili barriere. All'improvviso, scopriamo un Universo diviso in due parti e, da ognuna di esse, si per­cepisce una prospettiva diversa e distorta. Pianeta Uomo e Pianeta Donna: due satelliti lontani, che girano intorno ad un cuore invisi­bile e non si incontrano mai. L'uomo solo, vul­nerabile nella sua nudità, ricorre inevitabil­mente alla maschera come unica arma di difesa a protezione della propria interiorità, Il mondo femminile compare invece, con tutti i limiti dell'Universo governato dagli altri. Gli esseri velati dalle fattezze di donna senza volto e senza espressione, le mamme smarrite in perenne fuga, illuminate da una luce di speranza, si materializzano sulle tele in sequenze quasi fotografiche, brevi e istantanee visioni che riemergono come lievi onde dal profondo della memoria. L'apparente fol­clore della plebea maschera di Pulcinella, diventa volontariamente una sorta di filtro e di cortina inviolabile tra l'individuo e il mondo che lo circonda. Un sipario visibile e netto, che protegge e che nasconde e in modo simbolico cela I'eterna dualità di ogni essere umano. L'ironia innata dell'artista napoletana, a volte, trova libero sfogo nel tentativo di dipingere il vento. Quel vento, che ogni tanto, spazza le nuvole plumbee dall'orizzonte, che assume il ruolo del vero ed unico protagonista e in complicate coreografie, scolpisce le pieghe degli indumenti stesi al sole, disegnando insolite scenografie dal sapore mediterraneo. Il singolare modo di esprimersi della Rea, diventa sempre di più indiscutibile punto di forza, assumendo una propria e forte identità, lontana dalle mode, mai sfiorata dalle cor­renti, pervasa da una continua e seria ricerca, in permanente, umile e persino ossequioso rispetto per l'Arte pura e mai inflazionata.

(tratto dalla rivista Albatros, Giugno 2012)


NOTA CRITICA #4
(di Joanna Irena Wrobel)

I nuovi percorsi di Silvia Rea
(...) I dipinti della Rea, dalle cromie accese e con­temporanee, si popolano di figure velate, in perenne fuga, alla ricer­ca di nuove esistenze, in un mondo di pace. L'incomunicabilità tra generi umani, le sofferenze quotidiane, la fragilità maschile che ha bisogno di maschera-scudo per difendere e celare le proprie insicurez­ze, diventano nelle opere dell'artista napoletana il tema ricorrente, nel tentativo di scoprire ed esplorare strade nuove e mai percorse. Tutte le opere presenti in mostra sono caratterizzate da immagini nette e preci­se, impeccabili nell'esecuzione. La pittrice, affascinata da sempre dalle fattezze del corpo umano, lo pone in primo piano non solo come ogget­to di rappresentazione, ma gli attribuisce simbolicamente la valenza di una sorta dell'alchimico "atanor". Un mistico e magico contenitore, che diventa volta per volta, luogo di trasmutazioni e di emozioni, crogiuolo in cui viene a compiersi la genesi e comincia il tortuoso percorso della vita. La variopinta umanità e la vita brulicante della strada, diventano i protagonisti anche dell'ultimo lavoro intitolato "Passeggiando per Toledo". In questo trittico, la pittrice ancora una volta ritrae sé stessa, donna alla ricerca di serenità e di nuovi percorsi da esplorare.

(tratto dalla rivista Albatros, 2013)


NOTA CRITICA #5
(di Maria De Michele, 2017)

Vocianti armonie
La pittrice Silvia Rea vagheggia tra il mondo interiore e la realtà che la circonda, l’arguta capacità percettiva e l’abile resa pittorica agevolano il suo sommesso colloquiare con la sua amata e controversa città: Napoli. Un figurativo nella sua accezione più alta, vocianti armonie che sottolineano uno stile pittorico che deve essere adeguato necessariamente all'osservazione di “quella” realtà e ad una aderenza sempre più stretta al vero. (...) E la città diviene un luogo di ritmiche deformazioni. Esplosioni cromatiche, gli azzurri, i rosa, i gialli percorsi da un moto febbrile, pervasi da un’energia che non si limita al dinamismo ma di questo ricerca le ripercussioni estetiche. Silvia Rea guarda il mondo con l’intento di rappresentarlo, infondendogli sempre una struggente profondità, il senso di una riflessione intima e morale sul tempo, le cose e gli echi che lasciano in noi. (...)

(tratto dal testo critico di Maria De Michele, Settembre 2017)


NOTA CRITICA #6
(di Joanna Irena Wrobel, 2018)

L'opera di Silvia Rea
Un mondo popolato da oggetti, ingom­branti avanzi, testimoni muti di un passaggio umano. I simulacri di una vita che scorre, che non obbediscono ad alcu­na legge, né gerarchia, semplici residui non più utili di un opulento Universo irreversibile. Una realtà, invadente e imperante, nei dipinti di Silvia Rea (1948, Grottaglie, TA), assume la valenza di una denuncia, di un grido non udito. Accumuli di materie che assurgono a simbolo dello spreco e del consumo frenetico, ma che, separati dal contesto reale, prendono forme di nitide geometrie, mostrando tutta la loro bellezza di policromatici idoli. (...) Anche le semplici e ritmate file del bucato, le variopinte note di colore dei tessuti stesi ad asciugare, mutano in sinuose sculture plasmate dal vento. Le improvvise folate generano le complicate coreografie, scolpiscono le pieghe in plastici drappeggi, disegnano insolite e intricate scenografie spontanee. Le tracce di vite umane si intersecano con la natura, in un gioco di equilibri instabili. La variegata uma­nità e la vita brulicante della strada, diventano protagonisti di molti dipinti della Rea. La caleidoscopica varietà della com­media umana, si riversa nello spazio ristretto, lasciando segni e tracce della propria esistenza. Nel fulcro dell'esasperato caos c'è Lei, come gli altri... Non un'Artista chiusa nel pro­prio mondo, ma una donna alla ricerca di serenità e di nuovi percorsi da esplorare. Intorno, molteplici figure, che per effet­to di scelte cromatiche e compositive, superano il piano pura­mente illustrativo e documentale per proiettarsi verso più alti e differenti piani narrativi. Tutto diventa una riflessione sulla dimensione umana, sul mistero della vita, sui limiti e la preca­rietà della nostra condizione, che spesso dimentichiamo, innalzando inutili barriere. (...)

(tratto dalla rivista Albatros, Settembre 2018)


NOTA CRITICA #7
(di Antonella Nigro, 2018)

Il battito della città nell’opera di Silvia Rea
Silvia Rea con “Walking around” presenta una ricerca figurativa incentrata sul tema della città, sulle sue numerose sfaccettature e sulla vita che si svolge in essa. (...) Silvia Rea, possiede nella sua analisi, la stessa voglia d’indagine metafisica, cerca il “cuore” della città, della sua vita per sottoporlo al vaglio dell’arte. La città sono i suoi abitanti, il tessuto sociale, oggi sempre più variegato di abitudini ed etnie, è stata indagata con questo taglio interpretativo già da Munch, che con l’emblematica “Sera sul viale Karl Johan”, proponeva una visione del centro urbano esclusivamente attraverso i volti, allucinati ed assenti, dei suoi abitanti. Silvia sceglie di immergersi nella sua Napoli, desidera offrire un percorso autentico, con personaggi veri che con semplicità descrivono la loro storia personale e narrano senza filtri, senza inganno: emerge, così, anche la storia collettiva e quindi l’anima vera della città. (...) L’artista descrive l’orgoglio di Napoli che sta nell’essere la città contemporanea che ella vive quotidianamente, fatta di memoria, personaggi, sguardi, incontri e storie che si sono stratificati fino ad arrivare ad oggi, raccontandone anche le fragilità, le ombre, gli antri invisibili, le riconciliazioni. Silvia ne traccia, dunque, il cambiamento non solo inteso come spazio urbano, ma anche come luogo delle relazioni, della cittadinanza, dell’inclusione, delle opportunità, delle ingiustizie, della solidarietà, della paura e della fiducia. Una sezione importante della mostra è costituita da un’iconografia molto specifica inerente i segni lasciati dall’uomo nella contemporaneità urbana. Il discorso dell’artista prende le mosse dalla società dei consumi che riesce a produrre un’infinità di superfluo e, di conseguenza, innumerevoli scarti che vanno ad affollare gli spazi che abitualmente frequentiamo. Questa constatazione, sorride alle teorie dalle quali mosse i primi passi la Pop Art, ma, allo stesso tempo, decontestualizza l’oggetto di consumo che acquista una nuova e diversa identità. La serie Cromie urbane mostra una sapiente costruzione di scatole aperte che divengono isole dai duplici significati: sono state utilizzate in passato ma potranno essere ancora riempite in futuro, dunque monito al consumismo e allo spreco ma anche anelito a non lasciarle neglette e a riempirle di sogni, perché no? (...) L’antigravità percorre l’intera composizione, gli equilibri sono magicamente precari e “leggeri” come volanti sono i dinamismi degli oggetti dipinti in Movimento e Mulinello in città. In queste ultime ricerche l’iconografia di Silvia Rea si arricchisce di aggraziate danze di panni stesi, veli e sottovesti che, un Eolo scherzoso e impudente, avvolge e anima, scolpendoli in corpi diafani ed impalpabili. (...)

(tratto dal testo critico "Il battito della città nell'opera di Silvia Rea" di Antonella Nigro per la personale "Walking around svoltasi" di Silvia Rea svoltasi l'11 Maggio 2019 al St. Peter’s School di Napoli)